Com'è lontana la democrazia in Libia

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Passare dalla dittatura a uno Stato democratico sarà a Tripoli più difficile che in Egitto e in Tunisia. Ma con il petrolio e il sostegno occidentale...

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La Libia è il terzo paese, dopo l'Egitto e la Tunisia, che ha spodestato un dittatore in seguito all'esplosione della primavera araba lo scorso dicembre. Con la caduta di Tripoli, ha segnato una svolta nella sua rivoluzione e adesso vede dinanzi a sé la lunga strada da percorrere per costruire un nuovo Stato democratico.
Nel frattempo l'epicentro delle proteste per la democrazia si sta spostando verso la Siria e lo Yemen le cui popolazioni si stanno mobilitando anch'esse per il cambiamento. La maggior parte dei cittadini del mondo arabo vive in paesi che tendono a realizzare la democrazia (Egitto, Tunisia, Libia), lottano per conquistarla (Siria, Yemen) o già si basano su sistemi democratici ancora imperfetti (Iraq e Libano). Le autocrazie sono finalmente in minoranza e il vento della primavera araba potrebbe estendersi ad altri paesi (come l'Algeria, o le monarchie del Marocco, della Giordania o anche dell'Arabia Saudita).

Se il rovesciamento del regime è stato più difficile in Libia che non in Egitto e in Tunisia, altrettanto ardua sarà la costruzione di un sistema democratico duraturo. L'esperienza del passaggio alla democrazia in oltre 120 paesi del mondo - dall'America Latina all'Europa meridionale e orientale, dall'Africa all'Asia - ci dice che è più facile instaurarla e consolidarla laddove sono già esistite alcune delle seguenti condizioni: unità nazionale, forme precedenti di costituzione e di Stato di diritto, forze armate regolari, una pubblica amministrazione progredita, una pluralità di partiti politici, consultazioni elettorali, una società civile attiva, una relativa libertà di stampa e un sistema economico non sottoposto a vincoli troppo rigidi.
Diversamente dalla Libia, molte di queste condizioni già esistevano nei vecchi regimi al potere in Egitto e in Tunisia, dove la transizione in atto mira soprattutto a sostituire i governanti uscenti con altri democraticamente eletti, che dovranno tuttavia presiedere organismi ampiamente consolidati e assumere il controllo di una società che già si regge su una pluralità di istituzioni civili, sociali, politiche ed economiche. In Libia, il compito principale sarà invece quello di creare le nuove istituzioni di uno Stato e di un sistema sociale moderni che non hanno potuto emergere sotto il regime di Gheddafi.
Anche la sua unità nazionale è molto più precaria rispetto a quella dell'Egitto e della Tunisia e in effetti i problemi che la Libia post-autoritaria dovrà affrontare presentano analogie con quelli di altri paesi che stanno per essere investiti dalla ventata di rinnovamento della primavera araba, come la Siria e lo Yemen.

Ci sono però anche vari fattori positivi importanti che giocano a suo favore. Innanzitutto, nonostante il pluralismo tribale, non è segnata da profonde divisioni etniche o confessionali, come l'Iraq o la Sira. Secondariamente, l'ambiente circostante è pacifico e i suoi vicini saranno molto probabilmente propensi a fornire aiuto e collaborazione, ben diversamente dal caso dell'Iraq, che è stato invece un terreno di scontro tra molte potenze regionali e globali. In terzo luogo, la Libia ha una piccola popolazione di 6 milioni di persone e può contare realisticamente su proventi del gas e del petrolio potenzialmente vicini ai 40 miliardi di dollari l'anno. Se i suoi nuovi governanti guideranno il processo di transizione nella direzione giusta, il Paese avrà risorse economiche sufficienti ad alimentarne il rapido progresso.

Nonostante la stanchezza dell'Occidente e della comunità internazionale, l'urgenza di un aiuto al nuovo governo per realizzare il difficile processo di transizione del Paese è ineludibile. La Libia avrà forse meno bisogno di assistenza economica dell'Egitto e della Tunisia, ma il suo passaggio alla democrazia richiederà un'assistenza tecnica molto maggiore. I due paesi vicini debbono semplicemente avviare un processo di transizione, mentre la Libia deve costruire - quasi da zero - le istituzioni sulle quali dovranno fondarsi la nazione, la società e lo Stato moderno.
direttore del Carnegie Middle East Center di Beirut, in Libano

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