Allora è vero che gli esami non finiscono mai. L'altro ieri tasse, Imu e taglio delle pensioni; ieri la riforma del lavoro e il voto in Grecia sperando in una coalizione di governo stabile e desiderosa di tenersi stretto l'euro; poi il G20 in Baja California e infine il vertice europeo chiamato ad approvare nuove misure a salvaguardia delle banche e a garanzia dei debiti sovrani, l'ultima spiaggia per salvare la moneta unica. E ogni volta ecco che i mercati - "Ma chi diavolo sono questi misteriosi mercati, qualcuno ha mai votato per loro?", si è chiesto Michele Serra dalla sua "Amaca" sulle pagine di "Repubblica" - prima gioiscono e subito dopo affondano ogni speranza, brindano alla salvezza vicina, poi ci ripensano semplicemente perché non si fidano e guardano ogni volta a ciò che potrebbe succedere: il Portogallo, l'Irlanda, la Grecia e magari più avanti la Spagna e l'Italia... Un gioco al massacro che sembra non finire mai. Sempre alla ricerca di una vittima e di un colpevole.
In realtà il colpevole si identifica da mesi con il volto arcigno di Angela Merkel. Se la tempesta non si placa, si legge, è solo perché la Cancelliera è testarda, non si pente, non cambia idea, non accetta di attenuare il proverbiale teutonico rigore che le si attribuisce in favore di un generoso ammorbidimento.
Il luogo comune trova facile spazio e alimento pure nei giornali tedeschi, come la popolare "Bild Zeitung" che sotto la foto dei leader europei, Mario Monti compreso, titola: "Questi vogliono i nostri soldi". Merkel stessa, in volo verso il summit messicano, spiega ai giornalisti il suo nein: "Pensano che tutto debba ricadere solo sulle nostre spalle".
In verità il facile tentativo di scaricare tutte le colpe su Merkel appare alquanto infantile e sicuramente fuorviante perché ha l'effetto, e forse lo scopo non dichiarato, di non interrogarsi sulle cose da fare, di allontanare da sé ogni responsabilità e di nascondere i problemi veri, come nel caso italiano il super debito - che non si cancella tacendone, e che nessuna manovra finanziaria è riuscita finora a intaccare - o la mancata crescita, che nonostante gli annunci nessuna misura ha saputo finora smentire. Insomma Merkel o non Merkel, i problemi prima o poi si ripresenterebbero mentre stancamente si ripropone la finta alternativa tra rigore ed espansione.
In realtà sembra ormai che i "mercati" sui quali si interroga Michele Serra chiedano a questo punto chiari gesti politici più che soluzioni solo tecniche, la prova che un'Europa coesa c'è ed è pure capace di affrontare i suoi guai e superare gli egoismi nazionali in favore di una ripresa continentale che darebbe ossigeno sia ai più poveri sia ai più ricchi.
In Italia, per esempio, la tensione cresce via via che si avvicina una campagna elettorale (che qualcuno vorrebbe perfino anticipare) che rischia di sviare l'attenzione dagli obiettivi di risanamento, ma al termine della quale avremo un nuovo Parlamento, un nuovo capo dello Stato e dunque un nuovo presidente del Consiglio. Appuntamenti fondamentali, ai quali le forze politiche si stanno preparando con eccessiva leggerezza.
Il tempo passa e ancora non sappiamo con quale sistema elettorale andremo a votare, e non è cosa da poco; né tanto meno si sa chi correrà per il Quirinale e chi per Palazzo Chigi. È un'incertezza che non tranquillizza i mercati, e spegne nei cittadini speranze e visioni di più lungo periodo. Forse, piuttosto che convocare vertici o litigare sulla Rai, una coalizione responsabile potrebbe scegliere un gesto chiaro ed esplicito e annunciare fin d'ora che, con tutti i se e le condizioni del caso, potrebbe essere lo stesso Monti a continuare il lavoro di riaggiustamento dell'economia e comunque si farà in modo di non disperdere al vento il ruolo che in pochi mesi si è conquistato in Europa e nel mondo. Nel caos agitato che ci circonda da tempo, almeno una certezza ce l'avremmo.
Twitter@bmanfellotto