Altro che ceto medio produttivo. Ora il movimento vuole agglomerare i razzisti, quelli che gioiscono per l'affondamento dei migranti

Lo squallore delle affermazioni del padre del porcellum sul ministro per l'Integrazione Cecile Kyenge è tanto evidente da sconsigliare qualsiasi tipo di commento, si dirà, per evitare amplificazioni. Ma per quanto possa sembrare assurdo, le affermazioni di Calderoli sono un atto politico, opera di un parlamentare navigato ed esponente di un partito che ha giocato un ruolo importante nelle peggiori nefandezze dell'ultimo ventennio. È dunque per puro calcolo che gli esponenti della Lega - normalmente in ciò accomunati ai fascisti di Forza Nuova - non perdono occasione per offendere, sempre con argomenti di natura razziale, il ministro Kyenge.

I leghisti, dopo aver dilapidato nella corruzione e nel nepotismo il capitale politico accumulato negli anni, hanno deciso di ricostruire il loro elettorato parlando agli sconsiderati.

NON PIÙ L'ELETTORATO delle partite Iva, né il ceto medio produttivo dell'operoso Nord: l'obiettivo della dirigenza politica della Lega è agglomerare i razzisti, quella parte del suo elettorato delusa, ma su questo tema ancora disposta a sentirsi chiamata all'azione. Solo con queste persone può avere successo la litania di insulti, che vengono rincarati in sede di apparente giustificazione. Parole dal senno fuggite, continuano a ripetere gli alti papaveri (oramai sono rimasti solo quelli) del partito. In realtà, ognuno di questi interventi rappresenta un'azione di guerriglia, posta in essere da un esercito in rotta. E che a distanza di anni siano tornati a dettare la linea i Borghezio e i Boso è conferma di quanto dico.

Il tradimento del suo elettorato la Lega lo ha perfezionato negli ultimi anni, con il crepuscolo familista di Bossi, le relazioni ancora non chiarite e oggetto di indagini tra l'ex tesoriere Belsito ed esponenti della ‘ndrangheta e con il fallimento politico del federalismo fiscale, che all'aumento delle spese a livello locale ha unito perfino l'incremento di quelle a livello centrale. E che il dado era ormai tratto lo si è capito dal tracollo delle ultime elezioni. Prevedendo il disastro, Maroni ha ben pensato di inginocchiarsi a Berlusconi per ottenere una candidatura a presidente della Regione Lombardia che lo tenesse al riparo dell'inevitabile sconfitta. E se è il segretario politico del partito a scappare, allora vuol dire che chi rimane può solo vivere alla giornata, cercando come può di rimediare qualcosa.

E non devono aver creduto ai propri occhi quei vecchi pretoriani di Umberto Bossi, quando Enrico Letta ha pensato a Cecile Kyenge per il ruolo strategico di ministro per l'Integrazione. Nella loro logica avevano trovato la ragione possibile per una sopravvivenza politica - negata dall'esito delle urne - e, soprattutto, mediatica.

L'elettorato operoso della Lega, che votava credendo di ottenere condizioni di agibilità migliori per il loro lavoro e per i loro territori - ora ha votato Movimento 5 Stelle. Questo è successo massicciamente nel Nord-est e in parte in Lombardia. E allora non rimanevano che quelli culturalmente tanto limitati da essere scioccati e spiazzati all'idea che possa esserci un ministro della Repubblica italiana nero. Quello zoccolo duro di elettori che plaudeva ai respingimenti in mare dei migranti e che forse, in alcuni casi, ha anche gioito degli affondamenti. Della morte di innocenti.

SONO QUESTE LE RAGIONI che mi portano a pensare che oggi la Lega Nord sia pericolosa come non mai. Molto più di quando Bossi parlava di fucili pronti a sparare, mentre a Roma si ingrassava di prebende. Una scheggia impazzita nella nostra democrazia, i cui continui e mal dissimulati incitamenti all'odio razziale potrebbero avere gravi conseguenze, dai suoi stessi maggiorenti evidentemente messe in conto. Essi sono parlamentari di lungo corso, oramai, e non possono credere di lavarsi le mani, rispetto alle loro potenziali responsabilità, con smentite ancora più irridenti e vergognose delle dichiarazioni razziste rilasciate in prima battuta.

Roberto Calderoli è il padre della legge elettorale che ha definitivamente impantanato la nostra democrazia. Un "padre" della patria, di una patria nella quale nessuno vorrebbe vivere. E allora a noi tocca affermare con forza che l'Italia non è questo marciume morale. E che sono loro a essere di troppo.

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