Due ragazzi africani?gambizzati vicino?a Castelvolturno, luogo della strage del 2008. Qui?una volta era un paradiso. Ora, tra immigrati e italiani si sfiora ogni giorno la tragedia. Mentre lo Stato continua a voltare lo sguardo dall’altra parte...

C’era una volta un paradiso. C’era una volta e ora non c’è più. Al suo posto una distesa di case, una campagna difficile e un mare impraticabile. Al suo posto un’area, dove la convivenza tra le diverse comunità non è cosa scontata, dove l’accoglienza della gente del Sud, quello stereotipo che tanto piace ai turisti, è messa a dura prova e uccisa dalla mancanza di regole. Dalla mancanza di Stato che non vuol dire mancanza di pattuglie, di controllo, di militarizzazione, ma di regole che diventino mattoni con i quali costruire un futuro dignitoso.

A Pescopagano, una frazione di Mondragone (in provincia di Caserta e vicinissima a Castelvolturno), la convivenza tra comunità italiana e africana è sempre più problematica e qualche settimana fa due ragazzi ivoriani sono stati gambizzati. La reazione: auto incendiate, distruzione. Si è rischiato di ripetere le tragedie che abbiamo vissuto con la morte di Jerry Masslo nel 1989 e con la strage di Castelvolturno nel 2008. Tragedie già vissute e annunciate in un territorio dove lo Stato è assente. Dove lo Stato è colpevolmente e completamente assente.

Inutile scegliere da che parte stare, perché da che parte stare non lo sa nemmeno chi vive quotidianamente drammi evitati per poco. Inutile ragionare sulle parti sane e quelle criminali della comunità italiana e africana. Inutile perché a far scattare la scintilla basta talvolta pochissimo.Qui ci sono solo vittime. Vittime dell’abbandono, vittime della politica codarda che per una manciata di voti crede sia più efficace criminalizzare piuttosto che creare condizioni di vita dignitose.

Cosa aspettiamo? Che si uccidano tra loro? Che il problema si risolva con lo sterminio reciproco? Non accadrà, e il Governo a Castelvolturno - che ormai ha quasi smesso di essere solo un luogo per diventare una categoria - deve intervenire.Apparentemente libero dalla zavorra mortifera della Lega Nord, deve comprendere che l’Italia è un paese di immigrazione e che bisogna dare dignità agli immigrati. Deve comprendere che dignità per gli immigrati significa dignità per gli italiani. Perché da un lato c’è il timore dei propri spazi invasi, dall’altro la consapevolezza di essere disprezzati. Da un lato c’è impotenza, dall’altro la certezza che lavorando onestamente il massimo che si può ottenere è essere utilizzati, sfruttati per i lavori più umili.

E intanto i nostri padri ci raccontano del litorale domizio come una terra un tempo idilliaca. Un paradiso che ci si affettava a raggiungere nelle ore di riposo dal lavoro oppure finita la scuola, in dieci nella Cinquecento dell’amico con la patente. Ora quel paradiso si è trasformato in un lager per bianchi ricchi e neri ricchi. Un lager per bianchi poveri e neri poveri. Un lager per bianchi onesti e neri onesti. Un lager per bianchi criminali e neri criminali. Un inferno che tutto livella: non esistono più onesti e disonesti, ma solo anime dannate.

A Castelvolturno sono tutti uguali, nella condivisione dello stesso inferno. Un inferno di cui lo Stato non vuole sapere niente. Lo sguardo sempre voltato dall’altra parte.Quello sguardo potrebbe invece contemplare un luogo in cui la convivenza esiste perché esistono regole e procedure.

Non è chiedere troppo poter avere procedure che valgano per tutti. Senza scorciatoie, senza facilitazioni. Non è troppo chiedere garanzie perché chiunque riesca a entrare nel nostro paese possa farlo dentro le regole, e non fuori da esse. Fuori dalle regole tutto può accadere, di tutto si può essere preda. Quello che ferisce in Italia è una totale impreparazione ad affrontare un fenomeno che esiste da decenni e le cui proporzioni sono cresciute e non diminuite. L’unica risposta è stata negli anni quel ridicolo “rispediamo gli stranieri a casa loro” ignorando volutamente le cause che spingono centinaia di migliaia di persone a lasciarla la loro casa (forse non più loro), e sapendo che non c’erano i soldi nemmeno per pagargli il viaggio di ritorno. Tra l’abbandono e il razzismo esiste una gamma intermedia di azioni possibili, ma sino a ora non mi sembra siano state valutate, studiate, applicate. Nell’eterna speranza coltivata dai nostri politici che anche questo problema si risolva da solo.

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