Due fotografie, a distanza di dodici mesi. Due barconi identici, pieni di migranti. È la testimonianza che nulla è cambiato. Se vuole evitare nuove tragedie l’Europa non può continuare a far finta di non vedere

Giusto un anno fa, poco prima che un barcone della speranza si trasformasse nella bara di 366 eritrei e un altro colasse a picco trascinando in fondo al mare 260 profughi siriani, Massimo Sestini scattò una foto eccezionale che si conquistò la copertina dell’“Espresso”. L’immagine rifletteva tutta la tragedia che da anni si consuma uguale e terribile nel mare di Lampedusa: l’isola ormai vicina, l’imbarcazione è lasciata al suo destino dagli scafisti tornati alla base e pronti a ricominciare il loro cinico traffico di morte. A bordo uomini si stipano, donne stringono al petto il loro bambino. Un’odissea. Che però non si arresta. Anzi.

Nei giorni scorsi Sestini è tornato lì e dall’elicottero ha scattato ancora, inquadrando l’ennesimo barcone alla deriva. Sembra quello dell’anno prima, e purtroppo non lo è. È ancora più grosso, ancora più zeppo. Perché, nonostante i morti di allora, nulla è stato fatto, la vergogna si ripete, e i ragazzi di “Mare nostrum” continuano a correre in soccorso di uomini donne e bambini allo stremo delle forze: 65mila in sei mesi. E probabilmente, se non ci fossero stati domenica scorsa quei trenta migranti morti di soffocamento nella stiva di un peschereccio al largo di Pozzallo, Ragusa, un’indifferenza di comodo sarebbe tornata a coprire l’infinita tragedia di chi scappa dalla fame e dalla guerra.

Stavolta, poi c'è un'aggravante. Squisitamente politica. Mercoledì 2 luglio, in stridente coincidenza, Matteo Renzi pronunciava dinanzi al Parlamento di Strasburgo il discorso con il quale apriva ufficialmente i sei mesi di presidenza italiana del Consiglio d’Europa. Naturalmente dando spazio e attenzione alla tragedia dell’immigrazione. Non si può più fare finta di niente: la nuova Europa nata a fine maggio è chiamata alla sua prima importante sfida unitaria; l’Italia a dimostrare che finalmente conta nel club europeo.

Finora gli esordi sono stati miseri assai. Il dopo elezioni è trascorso in defatiganti trattative su nomine e posti - con un balletto che guarda poco all’Europa e molto a faccende domestiche - e per uno straccio di flessibilità in più nei conti. Per il resto, prima e dopo il voto l’Europa si è voltata dall’altra parte. Lasciandoci soli.

L'organismo che dovrebbe fare qualcosa, Frontex, ha sede a Varsavia, a duemila chilometri dal teatro della tragedia, e anche da quello che fa e non fa sembra guardare più al nord che al sud del Continente: l’80 per cento del suo tempo e delle sue risorse è speso a controllare le frontiere dell’est europeo, l’area balcanica, gli aeroporti; i fondi a disposizione  sono poco rispetto a quello che spende da sola la Marina italiana (perennemente a rischio tagli da spending review). La crisi economica, inoltre, ha reso l’emergenza più acuta, e la necessità di una politica condivisa più stringente: prima erano gli stessi paesi forti - Germania in testa - a chiedere braccia; ora non sanno più che farsene e la loro unica speranza è che i migranti di Lampedusa se ne restino buoni e zitti qui, che non arrivino mai fino a casa loro.

Ora, che Bruxelles ci bacchetti per le inumane condizioni di vita nelle carceri italiane è giusto e doveroso, ce lo meritiamo; ma francamente sorprende, e indigna pure, che invece taccia dinanzi a centri di accoglienza-lager dove i profughi vengono trattati come bestie e chiusi perché nessuno li veda; fa rabbia che tremi all’idea di un’invasione - alimentando così populismi e xenofobia - ma non muova un dito quando migliaia di esseri umani muoiono nel mare sul quale si affaccia uno dei paesi fondatori dell’Europa; e fa amaramente sorridere pensare che ora si voglia risolvere tutto nominando un commissario per l’immigrazione senza fissarne - insieme, unitariamente - poteri, compiti, strategie.

Omertà, indifferenza, miopia. Ma è vano illudersi, perché il fenomeno continuerà e presto riguarderà anche frontiere dalle quali sembra oggi impensabile un esodo. Bisognerebbe avere il coraggio di aprire gli occhi: ci accorgeremmo finalmente di non integrati, precari, disoccupati . La maggioranza del continente, ormai.

Twitter@bmanfellotto

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