Il senatore Gasparri rilancia su Twitter una voce sulle due ragazze rapite in Siria. Poco importa se la notizia è falsa o diffamatoria. Chiacchiere e gossip diventano così discorso istituzionale

Comandare l’Italia ?dal tavolo di un bar

Non perde occasione per fare commenti sessisti, per prendersela con donne possibilmente molto giovani. È l’identikit del vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, che ancora una volta ha fatto indignare il Paese con un tweet che aveva a oggetto delle presunte dichiarazioni fatte da Greta Ramelli e Vanessa Marzullo ai pm dopo la loro liberazione. Tempo fa Gasparri se l’era presa con una fan sedicenne di Fedez, ora con le due cooperanti rapite in Siria durante una missione umanitaria.

La prassi è questa: si diffondono notizie false e poi si attribuiscono responsabilità alle fonti prime, quotidiani online in cerca di clic, blog che riportano notizie senza approfondirle, qualche tweet fatto da chi si presenta come soggetto informato sui fatti. Questo autorizza una carica istituzionale a riprendere qualsiasi informazione dal più stupido dei siti? Il web pullula di idiozie, allusioni, invenzioni. Basta per tutelarsi dire l’ho letto sul web? O invece a maggior ragione il vicepresidente del Senato ha l’obbligo di diffondere informazioni verificate provenienti da fonti certe, autorevoli?

Su Greta Ramelli e Vanessa Marzullo stiamo leggendo di tutto: che durante i cinque mesi e mezzo di prigionia hanno preso dieci chili, che sono diventate amanti dei loro rapitori, che appoggiano i terroristi dell’Is, che devono restituire i soldi del riscatto che ancora non sappiamo se davvero sia stato pagato o meno. Addirittura qualche giornalista ha ripreso una discussione fatta tra magistrati, probabilmente su un forum, secondo cui al caso di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo si dovrebbe applicare l’articolo 2043 del codice civile, sul Risarcimento per fatto illecito, che recita così: «Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno». Mi auguro che queste stesse toghe siano altrettanto d’accordo con l’introduzione della responsabilità civile dei magistrati le cui decisioni pure talvolta cagionano ad altri un danno ingiusto.

A ben guardare stiamo assistendo al funzionamento della macchina del fango nel suo massimo splendore. Un blog pubblica una notizia e il vice presidente del Senato la riporta su Twitter (si trincera dietro un punto interrogativo) diffondendola a macchia d’olio. E cosa dice questa notizia? Che le due ragazze avrebbero fatto sesso con i loro rapitori. E a chi lo avrebbero detto Greta e Vanessa? Ai pm che le hanno ascoltate dopo la liberazione.

Allora il vicepresidente del Senato, come il più impulsivo degli italiani avrebbe fatto, si domanda se le due ragazze davvero siano andate in Siria a fare sesso a spese degli italiani. E lo domanda al web. Io, da un rappresentante delle istituzioni mi sarei aspettato qualcosa di diverso. Mi sarei aspettato che Gasparri si fosse chiesto se la fonte di quella notizia era attendibile e soprattutto, se il contenuto era vero. Come poteva essere di dominio pubblico se riguardava un colloquio avvenuto tra le due donne e i magistrati che si stavano occupando del loro caso? O per Gasparri che il segreto istruttorio venga eventualmente violato non ha alcun peso?

Ma la procedura, il funzionamento delle regole democratiche, al vicepresidente del Senato Gasparri non interessano, per lui era importante assecondare il peggiore istinto. Lui ha sentito il bisogno di esternare un pensiero, poco importa se becero e diffamatorio (c’era il punto interrogativo a schermarlo) e di renderlo pubblico. Prima credevo vi fosse del calcolo politico, ora credo che si sia andati oltre. Ora credo che la situazione sia fuori controllo, che non ci si renda nemmeno conto di cosa sia più o meno opportuno dire.
Io non credo che il senatore Gasparri debba lasciare Twitter, lì ci può senz’altro rimanere. Io credo che il Senatore Gasparri non dovrebbe sedere in Senato e spero, dato che non è possibile pretendere le sue dimissioni, che almeno i senatori disertino le sedute in Aula quando è lui a presiederla. Che almeno, se un minimo di rispetto per le istituzioni è rimasto, si faccia lo sforzo di operare una distinzione tra i blog che costruiscono informazioni per generare traffico e chi siede in Parlamento. Perché il Parlamento non è il bar e l’Italia non si governa a tempo perso, tra un pettegolezzo e una partita a biliardino.

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