Considero il mio amico Art Spiegelman un genio. Il suo “Maus” rimane uno dei testi letterari (anche se a fumetti) più importanti sull’Olocausto. Ma questa volta non sono d’accordo con lui. Gli era stata chiesta una copertina per un numero del “New Statesman” sulla libertà di pensiero, e la copertina che è stata pubblicata da altri giornali è bellissima (una donna ferocemente imbavagliata). Però Spiegelman aveva chiesto di pubblicare anche una sua caricatura di Maometto, e la rivista non glielo ha concesso (anche se lo stesso disegno era già apparso, mi pare, su alcune pubblicazioni europee e americane). Così Spiegelman ha ritirato anche la copertina.
Sulla faccenda di “Charlie Hebdo” sono sorte molte confusioni (non vi avevo dedicato una Bustina perché subito dopo il dramma avevo rilasciato due interviste e la Bustina sarebbe apparsa solo quindici giorni dopo, ma ne ero stato dolorosamente colpito anche perché conservavo una mia simpatica caricatura che Wolinski, morto nel massacro, mi aveva dedicato, ai tempi in cui ci si vedeva al bar con la redazione di “Linus”).
Torno ora sulla questione. Credo fossero in gioco due diritti e due doveri. Pensando a papa Francesco che aveva detto che se qualcuno avesse offeso sua madre gli avrebbe dato un pugno (turbando molti) vorrei ricordare che non aveva detto che lo avrebbe ammazzato. Infatti sapeva che un comandamento proibiva di ammazzare e quindi non poteva che condannare l’impresa dei terroristi che, con i loro alleati tagliagole dell’Is, rappresentano la nuova forma di nazismo (razzismo, eliminazione di chi è d’altra etnia, progetto di conquista del mondo). Si doveva condannare il massacro e marciare, come è stato fatto, per difendere la libertà di espressione.
Si deve difendere la libertà di pensiero anche di chi non la pensa come noi (Voltaire insegni). Però, se i giornalisti di “Charlie” non avessero subito l’atroce vendetta che hanno subito, e il massacro non fosse avvenuto, chiunque avrebbe avuto il diritto di criticare le loro caricature, non solo di Maometto, ma anche di Gesù e della Vergine, molto affini a quelle che nell’Ottocento diffondeva Leo Taxil rappresentando la Madonna incinta di una colomba e Giuseppe cornuto.
C'è un principio etico per cui non si dovrebbe offendere la sensibilità religiosa di altri, ragion per cui anche chi bestemmia a casa propria non va a bestemmiare in chiesa. Non ci si deve astenere dal caricaturare Maometto per timore di rappresaglie, ma perché (e mi scuso se l’espressione è troppo morbida) è “scortese”. E non si dovrebbe caricaturare la Beata Vergine, anche se i cattolici fossero (come sono, almeno oggi) alieni dal massacrare chi lo fa. Tra l’altro ho esplorato Internet e ho visto che tutti i siti che protestano per la censura del “New Statesman” non hanno riprodotto il disegno di Spiegelman. Perché? Per rispetto degli altri o per paura?
Con la faccenda di “Charlie” erano in gioco due principi fondamentali, ma è stato difficile tenerli separati di fronte all’orrore perpetrato da chi aveva torto. Così era lecito difendere il diritto di esprimersi, anche se in modo scortese, affermando “Je suis Charlie”, ma se io fossi “Charlie” non andrei a prendermi gioco né della sensibilità musulmana né di quella cristiana (e neppure buddhista, se fosse il caso).
Se i cattolici si turbano se gli offendi la Beata Vergine, rispetta il loro sentimento - e caso mai scrivi un prudente saggio storico per mettere in forse l’Incarnazione. Se i cattolici sparassero contro chi offende la Beata Vergine, combattili con tutti i mezzi.
Nazisti e antisemiti di ogni risma hanno diffuso orrende caricature degli “infami giudei”, ma in fondo la cultura occidentale ha accettato queste ingiurie rispettando la libertà di chi le diffondeva. Però quando dalla caricatura si è passati al massacro ci si è ribellati. Cioè si è rispettata la libertà di Drumont (nell’Ottocento) di essere ferocemente antisemita ma si sono impiccati i boia nazisti a Norimberga.