Due città profondamente diverse. Dove però ?in troppi si ostinano a sottovalutare la gravità ?del degrado e la forza dei poteri criminali

Matrimoni pacchiani e funerali esagerati. Il richiamo a riti arcaici strumentalizzato per dissimulare un potere criminale attuale e sofisticato. A dispetto del linguaggio semplice, involontariamente comico, esibito con sfrontatezza in ogni occasione tv. Parliamo dei Casamonica, un clan attivo a Roma da trent’anni, scoperto quasi per caso dagli italiani, complice quelle esequie da “padrino” le cui immagini hanno fatto il giro dei tg di mezzo mondo. Un misto di folclore etnico e di arroganza prevaricatrice, uno sberleffo alle autorità costituite, prefetto e sindaco di Roma innanzitutto. Con la benedizione di Bruno Vespa. Nel salotto buono di “Porta a porta” Vera e Victor Casamonica, zia e nipote, hanno potuto fare libero sfoggio del più disarmante e subdolo degli argomenti: noi siamo fatti così, embè, mica dottor Vespa vuoi giudicare la nostra cultura…

Chi sono dunque i Casamonica? Cittadini borderline, vittime di un pregiudizio razzista per la loro origine nomade o pericolosi membri di un’organizzazione criminale in stile mafioso con vincoli associativi di tipo familiare? Finora è sembrata prevalere la prima immagine. Eppure “l’Espresso”, già nel dicembre 2012, con l’ormai famosa copertina dedicata ai “Re di Roma”, aveva indicato nei Casamonica uno dei quattro clan che si dividono il controllo della Città Eterna, insieme a Massimo Carminati arrestato nell’inchiesta Mafia Capitale, i Fasciani di Ostia dove il municipio è stato sciolto per mafia e, infine, i Senese.

Su questo numero proponiamo un’accurata e aggiornata ricostruzione giornalistica realizzata da Gianfrancesco Turano attraverso la quale i lettori possono farsi un’opinione sul vero volto del sistema Casamonica: droga, usura, speculazione edilizia, traffico di auto. E gli immancabili contatti con il mondo degli insospettabili. Le responsabilità penali - è bene sottolinearlo anche se può apparire scontato - sono sempre individuali. Sarebbe ingiusto quindi criminalizzare un cognome. Un’intera e ampia famiglia. Raccontiamo invece un sistema che con quel funerale del 20 agosto scorso ha voluto ribadire il suo potere, innanzitutto all’interno del proprio ambiente.

Roma continua a sottovalutare la pericolosità delle organizzazioni criminali germinate nel suo territorio. C’è un atteggiamento ondivago su come interpretare - e poi contrastare - il fenomeno. La rappresentazione di una “mafia alla vaccinara” riduce tutto in qualcosa di grottesco; preoccupante sì ma non troppo. Nell’inchiesta aperta dalla Procura di Roma su Carminati, Buzzi e soci c’è chi ha provato a mettere in discussione la natura mafiosa della banda di Mafia Capitale, anche dopo una prima pronuncia della Cassazione che ne ha confermato la consistenza dal punto di vista giuridico.

Conoscere per capire. La negazione della realtà è vizio antico delle classi dirigenti chiamate ad arginare le mafie. Persino nella Napoli di Luigi De Magistris può fare scandalo una constatazione quasi ovvia. Rosy Bindi, presidente della commissione antimafia, ha detto che la camorra è un dato costitutivo della realtà di Napoli. Immediata l’indignazione del sindaco, che pure si era guadagnato tra i suoi concittadini l’appellativo di “Giggino ’a manetta” per i suoi trascorsi di pubblico ministero. De Magistris ha invocato l’orgoglio napoletano e ha ricordato le tante cose positive della capitale del Sud. Che non mancano, per fortuna. Ma non cancellano ciò che documentano le statistiche delle forze dell’ordine: dall’inizio dell’anno nel capoluogo partenopeo sono stati uccisi sedici giovani tra i 16 e i 30 anni. Una nuova spietata guerra. Ragazzini con la pistola, come abbiamo scritto mesi fa.

Napoli, Roma: realtà profondamente diverse. Unite da un esile filo, la sottovalutazione del degrado e dell’abbandono delle sterminate periferie. Lì dove il contropotere camorristico-mafioso recluta adepti a buon mercato. Dove solo un funerale fa scandalo.

Twitter @VicinanzaL

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