Colletti bianchi, colli neri. ?I primi la sfangano con l’aiuto dello Stato; i secondi nuotano nel fango, per colpa dello Stato. A immergere lo sguardo nel gran mare dei condoni, salta subito agli occhi questa disparità di trattamento: indulgenza per i ricchi, intransigenza per i poveri. Eppure un tempo la legge non faceva distinzioni, somministrava a tutti le dolcezze del perdono. Poi c’è stata una novella, una scelta dirimente. E il perdono di Stato è diventato pressoché impossibile per i reati comuni, quelli commessi dalla gente comune.

Come il furto di legna, su cui il giovane Marx scrisse nel 1842 una pagina indignata, e che cinquant’anni dopo fu amnistiato dal nostro giovane regno. Ecco, l’amnistia. Viene dal greco amnestia, che vuol dire oblio, assenza di ricordi. Sarà per questo che è sempre stata in auge alle nostre latitudini, sarà perché la memoria non rientra fra le qualità degli italiani. O forse sarà l’antico vicinato con i papi, prodighi d’indulgenze plenarie. Ma sta di fatto che la prima amnistia della nostra storia nazionale reca la stessa data dell’unificazione: 17 marzo 1861. E sta di fatto inoltre ?che pure la repubblica esordì con un’amnistia generalizzata: quella firmata da Togliatti ?il 22 giugno 1946.
Si dirà: ma quelle furono amnistie politiche, strumenti di pacificazione dopo una guerra o una sommossa.

Ricadono ?in un genere che risale all’esperienza greca, come l’amnistia decretata da Trasibulo dopo aver purgato ?la Grecia dai suoi trenta tiranni, o quella che propose Cicerone per sedare gli effetti delle guerre tra Cesare e Antonio. Insomma, l’amnistia soccorre ?i prigionieri politici, non i povericristi. Sicuro? A sfogliare l’album dei reati condonati attraverso un provvedimento ?di clemenza, s’incontra per esempio il mancato pagamento dell’imposta sul consumo di vino (1921). La «coltivazione di tabacco nell’isola di Sicilia» (1867). Le infrazioni alla legge sulla requisizione dei quadrupedi (amnistie del 1890 e del 1891). Il taglio degli ulivi e l’abbattimento dei gelsi, nonché l’«esportazione interprovinciale degli animali bovini» (1920). ?O infine il tormentone che ?ci ha perseguitati con ben 6 provvedimenti di clemenza, dal 1871 al 1951: il matrimonio dei militari «contratto senza ?la prescritta superiore autorizzazione».

Del resto persino il fascismo non lesinò agli italiani il loro perdono quotidiano: in vent’anni gli indulti, le amnistie, le sospensioni della pena furono in tutto 51. Alla faccia dei grilli parlanti come Jeremy Bentham, il filosofo inglese, che predicava di fare buone leggi invece di creare «una verga magica che abbia il potere di annientarle». Poi, nel 1992, la svolta. Sull’onda del giustizialismo innescato dalle inchieste di Mani pulite, il Parlamento rese impraticabile la clemenza di Stato, correggendo l’articolo 79 della Carta: da allora serve la maggioranza dei due terzi. Significa che ormai è più facile cambiare la Costituzione (dove basta la maggioranza assoluta) che cambiare la fedina penale.

Morale della favola: nell’ultimo quarto di secolo abbiamo registrato un solo provvedimento generale di clemenza (l’indulto del 2006), quando nei 150 anni precedenti ne erano stati concessi 333, oltre un paio l’anno. Insomma, per castigare l’abuso abbiamo finito per vietare l’uso. Però questo divieto non s’abbatte su una popolazione di banchieri. Secondo l’associazione Antigone, al giugno 2016 ?i laureati erano appena 514 ?su 54.072 reclusi nelle carceri italiane. I due terzi di costoro sono immigrati e tossicodipendenti. ?C’è poi un 10% di sbandati, alcolizzati, homeless. ?E lì dentro pesa perfino ?la questione meridionale: ?9847 campani, 7011 siciliani, ma soltanto 90 trentini.

È a quest’umanità dolente che si rivolge la faccia feroce dello Stato, mentre agli altri sorride con i condoni fiscali, edilizi, presidenziali. E oltretutto ai primi è stata ormai sottratta anche la speranza della clemenza individuale, dopo quella collettiva. Un effetto della sentenza costituzionale ?n. 200 del 2006, che decise ?il conflitto sulla titolarità del potere di grazia, sollevato dal presidente Ciampi. Risultato: dal 1948 al 2006 vennero concesse 42.251 grazie; ?negli anni successivi le grazie presidenziali si contano sulle dita delle mani. Dalla grazia alla disgrazia.

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