Negli anni ’40 l’Italia era il secondo produttore mondiale. Ma oggi nel nostro Paese vincono pregiudizi e disinformazione, anche nel governo
Non è la prima volta che invito chi mi legge ad ascoltare il notiziario antiproibizionista di Roberto Spagnoli su “Radio Radicale”. Perché lo faccio? Perché tratta argomenti ignorati altrove, e i giornalisti che se ne occupano lavorano senza alcun pregiudizio ideologico, senza alcun preconcetto o condizionamento dettato da religioni o committenti. La libertà con cui Roberto Spagnoli affronta da anni il tema della legalizzazione delle droghe è immediatamente comprensibile a chiunque lo ascolti per un motivo molto semplice: Spagnoli cita fonti autorevolissime, spesso istituzionali. Questo cosa significa? Significa che una parte del Paese, quella che commissiona studi e prova a fare divulgazione, si pone realmente dei problemi e cerca davvero di trovare le soluzioni migliori, ad esempio sulla coltivazione della cannabis e sul suo uso terapeutico.
Un esempio su tutti. Secondo una ricerca commissionata dalla Coldiretti, 2 italiani su 3 sono d’accordo alla coltivazione per uso terapeutico della cannabis. Si potrebbero destinare - ne parla Spagnoli su “Radio Radicale” - immediatamente 1000 ettari ricavabili da serre in disuso alla coltivazione di cannabis; un’opportunità che potrebbe generare un giro di affari da un miliardo e mezzo di euro e produrre 10 mila posti di lavoro. Ovviamente questo per iniziare, perché poi si potrebbero trovare altri terreni e l’Italia potrebbe non rispondere solo alla domanda interna, ma esportare cannabis per uso terapeutico. Coldiretti ricorda che negli anni ’40 l’Italia era il secondo produttore mondiale di cannabis sativa che veniva utilizzata soprattutto per uso tessile, edile e per la produzione della carta. Perché allora oggi c’è tanta difficoltà a comprendere che un mercato non solo non è eticamente sbagliato, ma porta anche crescita economica? Cosa ci è successo? Perché siamo meno aperti alla crescita e al cambiamento di quanto non lo fossero i nostri nonni e i loro genitori?
Il Ministro Lorenzin, senza consultare le associazioni dei malati, ha fatto una cosa di una gravità inaudita: ha firmato un decreto che limita l’uso di farmaci cannabinoidi. Segno questo che le patologie di cui la cannabis terapeutica allevia i sintomi le sono totalmente sconosciute. Roberto Spagnoli ironizza sul fatto che Lorenzin pronunci “cannàbis” con l’accento sulla seconda “a”, io potrei aggiungere che dopo il mio “Antitaliano” di due settimane fa sulla difficoltà di interrompere una gravidanza, questo settimanale ha ricevuto una lettera da parte del Ministero della Salute indirizzata al direttore de “l’Espresso” Dr. Giorgio Mulè (il direttore di “Panorama”,
ndr.). Tutto questo potrebbe, ma non fa ridere: non conoscere la cannabis e pretendere di poter legiferare, non conoscere la stampa e pretendere di dare risposte negando l’evidenza, danno la cifra di quanto, credenti o non, tocchi a noi cittadini trovare le strade per avere informazioni corrette. Perché l’esito dello studio commissionato da Coldiretti non ha fatto discutere il Governo? Si tratta di cannabis per uso terapeutico e non ricreativo; si tratta di posti di lavoro, niente di eticamente contrario ad alcuna religione conosciuta, eppure siamo sempre lì, fermi al terrore che la politica ha di perdere consenso, di inimicarsi quella parte di elettorato che permette alla propria spiritualità di plasmare anche la direzione del Paese, che dovrebbe essere laica. Proverò a spiegare perché opporre questioni morali o religiose alla legalizzazione di tutte le droghe in Italia oltre a essere anacronistico, oltre a essere frutto di disinformazione, è anche drammaticamente irresponsabile e pericoloso.
A NAPOLI SI SPARA quotidianamente: azioni dimostrative che a volte fanno vittime altre servono a terrorizzare. A Napoli si spara per il dominio sulle piazze di spaccio. Questo è l’unico motivo: da Ponticelli a Fuorigrotta, dal Centro Storico ai paesi limitrofi. Dal traffico di stupefacenti le organizzazioni criminali ricavano la parte maggiore dei loro guadagni, che poi investono in attività che sono concorrenti sleali di aziende legali che non possono contare su liquidità paragonabili, ma che devono fare i conti con le regole del mercato. Legalizzare le droghe, tutte e subito, è l’unico modo per togliere alle organizzazioni criminali il principale canale di guadagno. Da un colpo del genere, e ben assestato, non si riprenderebbero mai più. Questo governo deve avere il coraggio di proporre una legge ragionata, deve avere il coraggio di avviare un dibattito serio e costruttivo su questo tema che è di vitale importanza. Il Sud è alla deriva e a Napoli di questioni morali si muore, e non metaforicamente.