L’accordo sul clima di Parigi spinge gli Stati a evitare gli egoismi nazionali. E a salvare il pianeta insieme
L’accordo sul clima firmato a Parigi, appena sottoscritto nella sede dell’Onu, ha un rilevo politico non indifferente, nella misura in cui coinvolge Paesi fino ?a qualche tempo fa refrattari a qualsiasi impegno in materia. Naturalmente tutto sta a vedere se alle parole seguiranno ?i fatti, quando sono in gioco ingenti interessi finanziari relativi alle riserve ?di carbone e petrolio ancora sotto terra. Al di là della questione climatica, in gioco è il rapporto più generale tra sovranità nazionali e dinamiche globali. Quanto più il mondo, nonostante le rivalità e i conflitti che lo attraversano, sarà percepito come uno, tanto meno gli Stati nazionali saranno in condizione di far prevalere ?i propri interessi a danno di tutti. ?Dando per scontati egoismi, resistenze, arretramenti, sul tempo più lungo siamo davanti a un bivio. Oltre un certo limite non è più possibile procedere in ordine sparso: o il mondo si salverà tutto insieme o perirà tutto insieme. I difensori a oltranza degli interessi nazionali non potranno che prendere atto di questo dato di fatto - reso palese già dal doppio trauma del terrorismo globale e della emigrazione di massa. I muri, naturali ?o artificiali, sono destinati a cedere ?di fronte a dinamiche globali non più gestibili sul piano nazionale.
Ma l’accordo di Parigi - vedremo in che misura rispettato - tocca una questione ancora più vasta, che è quella del rapporto tra natura e storia. Per millenni esse non hanno incrociato le loro parabole - la storia non è stata in grado ?di incidere significativamente sulla natura. Né su quella esterna né su quella umana, né sulla vita del mondo né sulla vita dell’uomo. Poi le cose sono cambiate. Non soltanto la civilizzazione, in particolare lo sviluppo industriale, ha cominciato a forzare i confini naturali del mondo, ma è penetrata, più di recente, nella sfera della biologia. Ciò ha di colpo accresciuto i margini di miglioramento della nostra vita, ma anche, allo stesso tempo, la possibilità di distruggerla. Ad incarnare questa doppia potenza è stata la tecnica, nel suo rapporto inevitabile con la politica. Da quel momento storia e natura non sono più separabili. Non è più possibile ritornare indietro alla fase in cui esse erano separate da un limite insuperabile. Come la vita dell’uomo ?è sempre più soggetta all’intervento della biotecnologia, così quella del mondo dipende nella sua medesima sussistenza da decisioni politiche. Evidentemente tutto ciò accresce a dismisura le nostre responsabilità verso noi stessi, ma soprattutto verso chi verrà dopo di noi. La foto, molto americana, del segretario di Stato Kerry con in braccio la nipotina è qualcosa di più di uno spot pubblicitario.