Fattore decisivo per la stabilità dei mercati finanziari è il livello di fiducia dei risparmiatori che vi conferiscono il loro denaro. Sentimento che poggia, a sua volta, su vari elementi: essenziale, fra questi, la credibilità e l’autorevolezza degli organismi deputati alla vigilanza sulla correttezza degli scambi.
Il comportamento dei componenti di tali organismi, quindi, deve sempre risultare al di sopra di ogni sospetto. Recenti vicissitudini in tema di obbligazioni subordinate collocate al dettaglio in danno di migliaia di risparmiatori hanno portato alla luce condotte assai discutibili da parte di operatori bancari sulle quali sta indagando la magistratura per pesanti ipotesi di reato. Ma ne sono rimaste seriamente scosse anche l’immagine e la reputazione della Consob, l’autorità cui spetta di vagliare il tenore dei prospetti informativi in base ai quali autorizzare o no la vendita dei prodotti finanziari sul mercato.
Già nello scorso dicembre il presidente Consob, Giuseppe Vegas, ha tentato di allontanare da sé ogni addebito con un’intervista al “Corriere della Sera” nella quale, fra l’altro, asseriva: «Nei prospetti informativi delle obbligazioni subordinate c’è scritto sulla prima pagina e in grassetto che si possono subire perdite in conto capitale». Affermazione sprezzante verso i malcapitati risparmiatori e però subito contraddetta nel medesimo testo dalla considerazione che per il futuro sarebbe meglio vietare la vendita al dettaglio di titoli subordinati. In seguito è emerso un altro aspetto critico nell’azione di Consob: la questione delle valutazioni probabilistiche ovvero dei rischi impliciti nella vita di un determinato prodotto finanziario. Tale elemento di conoscenza in più per il risparmiatore era stato considerato utile dalla stessa Consob che nel 2009 lo aveva introdotto nei prospetti, ma poi inopinatamente e per prevalente volontà del suo nuovo presidente tolto di mezzo nel 2011. Un’ulteriore ombra si è così addensata sui comportamenti di Giuseppe Vegas.
Le polemiche in proposito hanno subito un’accelerazione improvvisa di recente quando un ministro in carica, Carlo Calenda, ha detto pubblicamente che la «Consob ha fatto errori gravi». Apriti cielo! La contesa ha subito virato in politica e lo stesso vertice Consob si è mostrato scandalizzato per il fatto che un membro del governo potesse permettersi di censurare un’autorità indipendente. E qui, bisogna dirlo, l’intera questione ha assunto di colpo lo stile e i modi di un’autentica farsa a cui lo stesso Vegas non ha fatto mancare il proprio contributo richiamando di «presiedere un’autorità di vigilanza che il Parlamento ha voluto indipendente...» con «…una scelta opposta rispetto a quella dello spoil system, il meccanismo che comporta l’azzeramento dei vertici amministrativi di pari passo con gli avvicendamenti politici e di governo».
Ottimi principi, ma che proprio l’attuale presidente di Consob si avventuri in lezioni di correttezza istituzionale lanciando strali contro le lottizzazioni in nome della sua indipendenza dalla politica dà all’intera vicenda un tocco di inarrivabile comicità. Giuseppe Vegas era un deputato di Forza Italia ed è arrivato in Consob solo all’indomani di aver votato in Parlamento la risicata fiducia a un governo Berlusconi di cui faceva parte in qualità di vice-ministro dell’Economia. Così, fra l’altro, facendosi pure beffe della legge sul conflitto di interessi che vieta per almeno un anno di assumere incarichi pubblici connessi al ruolo di governo. Violazione quest’ultima che solleva dubbi perfino sulla legittimità della sua nomina oltre che, per conseguenza, sulla validità stessa degli atti da lui compiuti nel frattempo.
Ora Giuseppe Vegas può anche infischiarsene dei danni che simili contorsioni comportano per la sua immagine personale. Ma il Paese e il mercato del risparmio non possono permettersi il lusso che ne siano coinvolte la credibilità e l’autorevolezza della Consob agli occhi di una folla di risparmiatori ferita e, per colmo, pure vilipesa.