L’assenteismo negli uffici pubblici è una pratica criminale. Espressioni sbagliate rischiano invece di renderla simpatica

Le parole sono pietre e quando decidiamo di battezzare una pratica o un fenomeno in un determinato modo stiamo anche decidendone la gravità e soprattutto l’area nella quale vogliamo collocarlo. Se parlo di “suicidio assistito”, nel caso della scelta che Fabiano Antoniani ha fatto di porre fine in Svizzera alla sua esistenza costretta in un corpo immobile e cieco, non sto dicendo forse nulla di tecnicamente sbagliato, ma il termine “suicidio” in Italia, in un Paese dall’anima profondamente cattolica, ricorda un peccato dal quale non è possibile mondarsi. Diverso sarebbe, e più rispettoso di certo, se parlassimo di “assistenza medica alla morte volontaria”. Lo stesso vale per la “maternità surrogata”, pratica illegale in Italia che consente di portare avanti una gravidanza per conto di terzi. Qui da noi si usa parlare di “utero in affitto”, la pratica è la stessa, ma l’idea di mettere in affitto il proprio utero connota di mercimonio una pratica che, se regolamentata, potrebbe non avere nulla a che vedere con la compravendita.

Non vorrei generalizzare, ma l’impressione è che quando si tratta di introdurre diritti o di nominare pratiche che si pongono in antitesi con la morale cattolica, o che in qualche modo la mettono in discussione, le terminologie usate siano sempre peggiorative e si tende a criminalizzare comportamenti solo perché eticamente ci si trova in imbarazzo ad affrontarli.

Esistono invece casi in cui a pratiche criminali - e sottolineo criminali - corrisponde una terminologia leggera, da assoluzione morale, prima ancora che il processo venga celebrato.

Con l’espressione “furbetti del cartellino” per me si descrivono due categorie di persone, quelle che si assentano dal posto di lavoro e che lasciano il proprio badge ai colleghi che timbrano al loro posto e quelli che si occupano materialmente di timbrare. Se furbetto è chi va e furbetto è chi resta e copre, allora i fessi sono quelli che lavorano. Se le parole sono pietre, smettiamo di chiamarli “furbetti del cartellino”. Furbetti è una parola quasi simpatica, che in fondo relega tutto all’ambito di ciò che è perdonabile, che è fatto senza troppo dolo, con spensieratezza. Furbetti, come se gli altri fossero i gabbati, quelli che al lavoro ci vanno e ci restano. Quelli che fanno il loro dovere e lo fanno al quadrato per coprire le assenze. Smettiamo di chiamarli furbetti, ché in un Paese come l’Italia, dove l’importante è cavarsela, a chiamarli furbetti gli si fa un complimento. 55 dipendenti dell’ospedale Loreto Mare di Napoli sono finiti agli arresti domiciliari perché, secondo la magistratura, nell’ospedale era «prassi consolidata» la «strisciatura plurima dei badge» da parte di persone che facevano risultare presenti colleghi in realtà assenti. In tre mesi, due indagati hanno strisciato il badge 443 e 493 volte ciascuno. Assurdo ma vero. Dai controlli effettuati risultavano assenti anche «dipendenti dell’Ufficio rilevazioni presenze e assenze, ovvero coloro che avrebbero dovuto assicurare i controlli per il rispetto delle clausole contrattuali». Si andava a giocare a tennis, a fare commissioni personali o altri lavori. A essere indagate in totale 94 persone, cioè un terzo dei dipendenti dell’Ospedale.

Ma c’è di più, perché Loreto Mare sarebbe una sorta di fabbrica di documenti medici, legalmente validi e utili nelle truffe alle compagnie di assicurazione.

Ora ci tengo a sottolineare che se pure all’esito del processo si dovesse di molto ridurre il numero di chi ha effettivamente frodato lo Stato, sarebbe comunque un numero inaccettabile in Campania per un settore che, versando in una crisi drammatica e perenne, dovrebbe essere monitorato al millimetro e che invece conserva sacche di inefficienza incredibili.

E allora ai napoletani domando: Napoli la diffama chi racconta o chi si permette di trattare un impiego pubblico come una rogna da eludere, come una vena da prosciugare? Chi racconta o chi utilizza attrezzature pubbliche per frodare le compagnie assicurative? Chi racconta o la lentezza che la politica ha nel controllare un settore in cui i tagli fatti e i sacrifici pretesi dai cittadini, dovrebbero imporre un’attenzione certosina, se non maniacale?
E a Vincenzo De Luca che tuona, col suo fare da sceriffo: «Saremo inflessibili contro chi non fa il proprio dovere» immagino Totò rispondere, senza malizia alcuna e con fare anzi bonario: «Ma mi faccia il piacere».