Nell’informazione come nella politica, non ha valore il contenuto, conta solo il rumore. Così alla fine vince la menzogna
Sono stato al Festival del giornalismo di Perugia, luogo di talento, cresciuto negli anni grazie alla cura e alla dedizione di Arianna Ciccone e Chris Potter. Non potevo immaginare luogo migliore per una riflessione che considero cruciale, che tiene conto di due parametri fondamentali e tra loro collegati: tempo e contenuti. Quando tutto è veloce, quando tutto deve essere veloce, a farne le spese sono i contenuti. E la velocità ci rende miopi e rende fallibili le nostre idee, le nostre previsioni.
Quello che molti analisti non hanno compreso mentre si disputava il match delle elezioni americane, era la divisione netta dell’elettorato: da una parte c’era chi per dare fiducia chiedeva coerenza, una coerenza quasi disumana e la fiducia si spegneva alla minima incrinatura, dall’altra c’era chi aveva come unico desiderio un totale ribaltamento del tavolo e quindi la coerenza non era tra i requisiti richiesti. Non sto qui ad attribuire valore positivo a una parte a scapito dell’altra, perché in entrambi i casi non esiste più reale approfondimento. La coerenza che si chiede ormai alle Sinistre nel mondo è continuità con una storia che non è mai realmente esistita, frutto di teorizzazioni fallaci.
E allora un errore o una contraddizione fanno perdere totalmente fiducia. Dall’altra parte è la caricatura stessa a rendere evidente che ciò che si chiede al candidato non è il rispetto dei diritti umani, delle donne, degli immigrati, degli accordi sul clima, ma il colpo di mano, la boutade: spiazzare. Le libertà verbali diventano sinonimo di imprevedibilità. E l’imprevedibilità più che la ponderatezza è oggi considerata un valore aggiunto.
Se Hillary Clinton tradisce perché il mondo promesso, quello in cui con talento, studio, impegno e sacrificio si ottengono risultati non esiste, Trump può dichiarare il falso ed essere offensivo (addirittura prese in giro un giornalista diversamente abile facendogli il verso mentre gli rispondeva) senza perdere consenso. Tutto questo lo rende un politico-piattaforma, un contenitore in cui versare odio e sperare che le cose cambino radicalmente senza riflettere sulla direzione. Risultato? Il linguaggio pacato, democratico non mi interessa più perché è falso. Penso spesso all’espressione “politicamente corretto” che è diventata sinonimo di falsità: il linguaggio più è irrispettoso, più viene percepito come autentico.
E così l’autorevolezza non esiste più, esiste solo la presenza, occupare spazi, esserci, esserci anche senza nulla, anche senza portare contenuti.
Mi viene in mente la finta telefonata del finto Grillo a Sgarbi: Sgarbi che, sapendo di mentire, insulta Virginia Raggi riportando parole che né il vero, né il finto Grillo hanno mai pronunciato. In un sistema coerente questa non notizia si sarebbe spenta in una manciata di ore, delegittimando completamente il suo artefice. Invece per tre giorni la finta notizia del finto Grillo che non ha mai detto a Sgarbi che Raggi sarebbe “depensante”, ha occupato le home dei maggiori siti di informazione. E la perdita di autorevolezza passa in secondo piano perché al lettore, allo spettatore non vanno dati elementi di verità, ma rumore.
Il personaggio che clownescamente fa dichiarazioni fasulle riceve attenzione; un’attenzione che sarebbe giustificata in un segmento diverso, nell’intrattenimento leggero, nel gossip, non certo nelle pagine dedicate al dibattito politico. Non più contenuti, quindi, ma rumore, perché il contenuto richiede tempo e il tempo è nemico della viralità. Tutto quindi passa per la pancia, la testa è troppo lenta per come è costruito il mondo, per le nuove leggi che segue, per le regole che s’è dato. Non importa quello che dici e quello che fai, importa che arrivi alle persone: ci si dimenticherà che hai mentito, ma si ricorderà la tua faccia, ci si ricorderà che esisti. I contenuti stanno morendo, la complessità sta morendo e ciò che resta è la superficie. Come uscirne? Assumendosi responsabilità, mettendoci la faccia. La firma oggi conta più di ieri perché può ristabilire il patto di fiducia. Ti conosco, ti leggo e anche se non la penso come te, trovo utile il tuo punto di vista per potermici confrontare.
Ciò che scriviamo resta e porta la nostra faccia, le nostre idee. E se non veicoliamo nulla, se svuotiamo l’informazione di contenuti, stiamo offrendo solo rumore.