Grillismo edipico salvaci tu

Dopo gli esperi menti di Roma e Torino, dopo gli esiti delle amministrative si delineano vari tipi di grillismo e si può cominciare a tirare le somme sul governo locale a Cinque Stelle. E chiedersi se ci sono prove dell’esistenza terrena di un grillismo vincente anche al secondo turno, segno altamente propiziatorio della battaglia per la nuova legislatura.

La domanda posta da molti non è peregrina. Visto che su future elezioni, formule elettorali e alambicchi politici aleggia l’ombra - peggio di quella di Banco a Macbeth - del comico leader Beppe Grillo, terrore dei partiti.

La prova dell’esame superato c’è. Ma si tratta di grillismo edipico. Quello di Federico Pizzarotti che il 25 giugno si è aggiudicato il secondo mandato da sindaco di Parma. Nonostante, o forse proprio per questo, avesse neutralizzato anatemi e rescisso il legame con il padre politico Grillo. Con le doverose differenze delle rispettive epopee se Romano Prodi ha messo k.o. il Cavaliere, Pizzarotti, nel suo piccolo, è stato la kriptonite del totem dei Cinque Stelle.

Il risultato non ha avuto un effetto da gas esilarante sul Movimento che con candidati ligi all’ortodossia ha preso una sventola stellare. Così l’armata grillina, vissuta dagli avversari come invincibile, ora sembra ammaccata anche se, paragonata alle botte da orbi tra sinistra e Pd, rifulge come il bijou di una sceicca.

Il grillismo edipico mutazione di un grillismo maturo, sentenzierebbero i santoni dell’analisi politica, è solo uno dei modelli del Movimento dipanato in varie manifestazioni.

In primis il grillismo ridens. Esemplare da collezione è Virginia Raggi sindaca di Roma sprofondata nei sondaggi più delle buche della città. Mentre la Capitale versa in uno stato di vergognoso abbandono, lei saltella sempre più giuliva tra i falò della sua amministrazione, tra una dimissione e l’altra di staff e giunta e qualcuno come Raffaele Marra è pure passato per la gattabuia.

Anche l’imprenditore Massimo Colomban, babà della giunta, assessore alle Partecipate e fedelissimo di Casaleggio jr lascia: è solo l’ottavo fuoriuscito dell’anno. Ma lei passeggia placida in una piazza Navona piena di cartacce per regalare qualche biglietto di Caracalla «Vi piace l’opera? Si, no, boh?» chiede come da video a passanti basiti. Ecco, boh è proprio il logo del suo mandato. Altro che il daje di Ignazio Marino.
Il grillismo chic. Laureato alla Bocconi come Mario Monti, master a Londra, villa ottocentesca vicino a Ivrea, scalate dell’Himalaya e dell’Aconcagua, Groenlandia in kayak, e la mattina solo croissant (Corriere della Sera, Marco Imarisio). È la vita di stenti di Davide Casaleggio, in giro con l’espressione annoiata, il calore, pare, di un ghiacciolo alla menta, l’erre moscia come i visconti de Ribes e Giulio Tremonti. Secondo alcuni è un genio, in ogni caso come predica Grillo fa il grillino a Cinque Stelle. Forse per sgominare i radical chic.

Il grillismo sabaudus. Era l’asso nella manica, il paragone vittorioso con Roma, il ponte tra il grillismo-bene piemontese e il rarissimo grillismo sapiens. L’icona era il sindaco di Torino Chiara Appendino, luce politica degli occhi del presidente della Regione l’amatissimo Pd Sergio Chiamparino, si parlava di lei persino come del possibile leader 5S per le elezioni. Poi è arrivata la tragedia di piazza San Carlo e il sondaggio in cui un torinese su due boccia il suo operato. Anche il grillismo sabaudus non sta tanto bene.

Però c’è il grillismo non sapiens, tipologia popolosa e rumorosa, due i leader Luigi di Maio e Alessandro Di Battista. “Dima” affronta ogni giorno una dura battaglia contro i malvagi congiuntivi e condizionali più che contro il Pd. Il suo rivale agguerrito “Dibba” svolazza tra svarioni politici, storici e grammaticali e per una citazione folle sulla Nigeria è persino finito nella classifica del New York Times sulle bufale mondiali (ma era prima dell’arrivo Trump). In una delle innumerevoli apparizioni tv ha detto che non vuole fare politica. E questo si era capito. E che non sopporta «il termine classe dirigente». Si era capito anche questo e si comprende bene il perché.

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