La polemica sulle Ong, le critiche a Minniti. Il Pd cade nella trappola della destra che vuole trattare i profughi come un'emergenza. Mentre è il fenomeno globale su cui si gioca la sopravvivenza dei progressisti

Su Twitter devono avere scoperto che l'essere umano da circa tremila anni discute, magari non in chat, del dualismo fra Giustizia e Legge. La solo apparente antinomia fra l'uso della forza da parte di uno Stato per ragioni pratiche e il più alto dovere dell'Uomo di immaginare e realizzare un mondo senza ingiustizie. Si tratta di una dicotomia antica, di non difficile comprensione, in virtù della quale schierarsi con “Medici senza frontiere”, come Roberto Saviano e, poi, molti altri hanno fatto, dovrebbe essere un automatismo, soprattutto a sinistra. Eppure, al tempo stesso, non crea un reale conflitto con la scelta - per me inutile, prima ancora che dannosa - del ministro Marco Minniti e del suo codice.

Riassumendo: il capo dell'Interno impone alle Ong di imbarcare poliziotti armati, esercitando - in modo un po' spiccio, se vogliamo - il cosiddetto diritto positivo (dal latino positum, non vuol dire che è buono), ovvero la forza che uno Stato utilizza su un territorio attraverso le norme per un dato fine. In questo caso la presunta sicurezza dei mari. Ma ecco che Minniti si sente rispondere di no proprio dalle Ong come Medici senza frontiere, quelle cioè che non hanno nulla da nascondere né a lui né ad altri e che, pur nel rispetto delle regole, lavorano per una più alta idea di Giustizia, come spiega il filosofo Roberto Esposito. È così normale che l'ennesimo scontro fra tifoserie in Italia sembra assurdo. Ma il fatto più grave è che ci sia cascata la sinistra. Caduta nella trappola della destra che vuole trattare la questione mediterranea (discutendo, fra l'altro, di una Ong tedesca marginale nelle dinamiche che investono oggi la Libia) come un'emergenza. Visione dal fiato corto.
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Al contrario, la grande migrazione di inizio millennio non è nemmeno cominciata. E capire questo, cercando i contenuti e i tavoli giusti per discuterne, con soluzioni che anelino alla Giustizia, è il campo su cui si giocherà l'esistenza stessa di una sinistra in Europa nei prossimi decenni. Invece già si arranca adesso, litigando fra Minniti, Del Rio e Salvini (con tutto il rispetto per i tre), anziché renderci conto che in gioco c'è il senso da dare in futuro alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, che afferma la circolazione degli “human being”, oggi di fatto negata per ragioni economiche e geopolitiche, fino a costringere dei volontari in nave a sostituirsi all'Occidente che dopo la Seconda guerra mondiale s'era erto a garante dei diritti.

Se la sinistra non fa questo salto, significa che ha fretta di soccombere, come ha già scritto Ezio Mauro su Repubblica.

Inutile aggiungere che il ritornello della “fuga dalle guerre” per quietare gli animi degli elettori spaventati è un rifugio temporaneo. La sinistra non ne uscirà aprendo o chiudendo un porto, ma spostando il timone sui valori fondanti del suo nucleo: l'uguaglianza fra le persone.

E in tema di migranti anche la guerra è una scorciatoia. Sappiamo bene, da molti anni, che in molti paesi non sono in corso conflitti armati, ma la causa che spinge gli “human being” ad abbandonare la propria terra è un nuovo tipo di invasione e, quindi, di guerra: il land grabbing. Una guerra che mette il “centro del mondo” contro le sue periferie, quasi una nemesi della crisi delle nostre città ormai divise in due blocchi sociali. Un fenomeno che ha assunto dimensioni rilevanti a partire dal 2007, l’anno della crisi dei prezzi dei prodotti agricoli. Speculatori soprattutto cinesi cercarono e trovarono nuove terre su cui insediare produzioni intensive di beni primari come prodotti agricoli e biodiesel. È per questo che l’Africa subsahariana e centrale sono diventate “terre di conquista”. Con le multinazionali che esercitano pressioni sui governi dietro la promessa di acquedotti e strade, ospedali e scuole.

Non è un tema di cui si parla a Palazzo Chigi. Che Minniti ci sia o che diserti il Cdm. Eppure è ciò di cui si dovrebbe parlare. E da cui dipende la vita di quelle persone. E il futuro della sinistra.