Una corsa affannosa a rassicurare, l’elettore. A colpi di condoni, ma anche di comode omertà. Dall’unità d’Italia a oggi se ne contano a centinaia, di destra e di sinistra. Il solo Berlusconi di condoni ne ha firmati sette, quasi uno per ogni anno di governo: fiscali, edilizi e - in questo era maestro - penali. Ma ora si scopre dal servizio di Paolo Biondani e Gloria Riva che anche l’alleanza gialloverde sta dando il meglio di sé ?in materia, coram populo e nelle pieghe di leggi e leggine. Alla faccia della trasparenza e del “governo del cambiamento”. Ma che ci volete fare, condonare piace a tutti, e a tutti fa comodo, ricchi e poveri.
Come da storia patria, poi, anche per leghisti e Cinquestelle l’idea di una bella sanatoria fiscale si è tramutata nel più rovente dei casi politici: se i due alleati non fossero stati blindati da un Contratto, sarebbe stata crisi di governo. A soli quattro mesi dal debutto, ricordate?, una manina maliziosa aveva rimpolpato ?il progetto di condono fiscale con l’ennesimo scudo per i capitali all’estero, la depenalizzazione per i reati di riciclaggio e frode e la sanatoria fino a 100 mila euro per ogni imposta evasa. Di Maio, gridando al complotto dei tecnici (ma ce l’aveva ?con Salvini, favorevole al regalo) voleva addirittura andare in Procura, ma si accontentò di “Porta a Porta” (trasmissione riscoperta dopo che un anno prima ne aveva chiesto la chiusura). Di Maio si impuntò e l’emendamento sparì. Meno male. Di Battista, in sabbatico in Sud America, plaudì alla cancellazione di quella «porcata pro evasori».
E qui sta il problema , perché se i Cinquestelle si sforzano di non fare regali, e va bene, a entrare in guerra non ci pensano nemmeno. Eppure le cifre confermerebbero tanti argomenti che stanno loro a cuore. A spulciare le statistiche, si scopre per esempio che ?la metà dei contribuenti denuncia redditi inferiori ai 15 mila euro; e che gli imprenditori dichiarano in media meno dei lavoratori dipendenti: 17 mila euro l’anno contro 20 mila. Possibile? Un immenso mare da esplorare alla ricerca di risorse preziose. Altro che vitalizi e pensioni d’oro.
Forse ha ragione Vincenzo Visco quando ci ricorda che gli evasori significano dieci milioni di voti, intere fasce sociali a rischio consenso. Senza ?il quale non si governa. E infatti quando toccò a lui l’incarico di ministro delle Finanze, riuscì a ridurre drasticamente l’evasione, ma in cambio si beccò l’affettuoso soprannome di Dracula.
Difficile e coraggioso , dunque, lottare contro gli evasori, ma almeno ci si augura che non si faccia qualcosa a loro favore. E però, checché ne dica il Dibba, questo governo ha anche dato l’addio ?a Equitalia, eliminato lo spesometro ?e gli studi di settore: strumenti che non sempre hanno funzionato appieno ed equamente, ma cancellarli tutti insieme equivale a gridare “tana libera tutti”.
Del resto, per i grillini la lotta all’evasione non è una delle cinque stelle programmatiche, e bisogna faticare per trovare nelle pieghe di qualche intervista la minaccia di colpire inesorabilmente gli evasori, ma solo i grandi, si specifica ogni volta. E va bene, ma da quando hanno lasciato la piazza per Palazzo Chigi non s’è visto un solo atto, un post, un tweet che vada in quella direzione. Perché, come si diceva, oltre ?ai condoni ufficiali - edilizio, fiscale - e a quelli scovati da Biondani e Riva c’è pure, come chiamarlo?, il condono del non detto, del dimenticato, dell’ignorato, che si traduce in concesso, permesso, tollerato. E questo vale sia per Di Maio che per Salvini.
E non solo per l’evasione . Sullo scandalo del caporalato, per esempio, non si ricorda una felpa, una ruspa, un selfie di Salvini; e tantomeno l’enfasi oratoria, la violenza verbale riservata ?ai migranti o a quota 100, a Roberto Saviano o a Elsa Fornero: le Ong nel mar Mediterraneo peggio dei caporali e dei “padroni” (si fanno chiamare così) di Puglia, Campania, Lazio? Ma che ci volete fare, nel Contratto la parola caporalato non c’è, e la formula “lavoro nero” nemmeno... Almeno Di Maio ha destinato 23 milioni del ministero ad azioni di prevenzione e ispezione, ma non basta: nel Sud ci sarebbe bisogno di azioni a tappeto di polizia e magistratura.
Anche la lotta alla criminalità organizzata non appare tra le priorità di governo, forse perché qui è difficile fare propaganda. Non basta la presenza, pur necessaria, ad Afragola oppressa dal racket, specie se la visita si risolve non solo in un baciamano d’antan al ministro dell’Interno al grido ?di «Elimina Saviano», ma nella scelta ?di Salvini di non prendere le distanze dal gesto e dalle parole del fan. Insomma, ?il governo ha stanziato fondi e preso nuove misure per il contrasto alle mafie, ?ci mancherebbe altro, ma nel capitolo ?al quale i due vice premier dedicano le maggiori risorse di tempo e di presenza, quello del dialogo con i cittadini attraverso tv e social, le parole mafia camorra ?e ’ndrangheta non sono ai primi posti. E questo, nella logica della comunicazione politica significa una sola cosa: sono problemi di second’ordine. Se non è un condono, ci assomiglia parecchio.