Pensieri che si rincorrono, che affollano la mente. Pensieri sempre uguali, oggi come due anni fa, come sei anni fa, quando un barcone di migranti si rovesciò a mezzo miglio dalla costa di Lampedusa. Il mare restituì 368 cadaveri e non c’erano abbastanza bare per ospitarli tutti.
Passano gli anni ma nulla cambia. Anzi no, cambia la percezione che si ha della tragedia, cambia finanche il racconto della verità. Eh sì, perché se “verità” è una parola abusata, è vero anche che abbiamo smesso totalmente di cercarla nei dettagli, in ciò che non viene raccontato, in ciò che sembra non esistere e che pure produce degli effetti. In fisica capita che si scopre l’esistenza di una particella non perché venga osservata direttamente, ma per gli effetti che produce. Allo stesso modo non possiamo pensare che solo ciò che è chiaro ed evidente, ciò che reputiamo possibile o che abbiamo sperimentato esista. Ma è difficile fidarsi, un tempo perché non avevamo rapporti diretti con le fonti, oggi perché temiamo che le fonti siano false o manipolate.
Qualche giorno fa ho scritto un testo e l’ho pubblicato su Facebook, non ricordo l’argomento, ma ricordo la risposta di una donna: «Un commento sui poliziotti uccisi? Ovviamente tra un po’ arriverà quello sui morti suicidi della traversata». Queste parole si sono impresse sul mio volto e sono diventate un sorriso sghembo. Un non sorriso. Un ghigno.
A volte penso che chi mi detesta mi conosca meglio di chi mi vuol bene. Erano trascorsi solo pochi giorni dalla sparatoria nella Questura di Trieste ed eravamo tutti scossi da un avvenimento assurdo e imprevedibile. E proprio in quelle ore erano in corso le ricerche dei superstiti di un nuovo naufragio a poche miglia da Lampedusa. Era proprio vero, stavo per scrivere del naufragio, l’ennesimo e annunciato.
Non avevo pensato di commentare ciò che era accaduto a Trieste perché non c’erano supposizioni da fare, ne previsioni per il futuro. Era accaduto l’imprevedibile e l’imprevedibile lascia sgomenti, così come la vicinanza alla Polizia e alla famiglia dei poliziotti che hanno perso la vita è immediata, umana e direi anche scontata. Ma sui social spesso si pretendono parole senza sapere esattamente cosa farsene. Il dubbio è che ormai le parole bastino a se stesse, che servano solo perché se ne stiano lì, senza produrre effetti. Anzi, meno ne producono, meglio è.
Perché invece stavo per commentare l’ennesimo naufragio a Lampedusa? Perché è una tragedia che abbiamo già visto, per cui abbiamo già pianto, che era prevedibile e quindi evitabile. Questo vale la pena sempre ripeterlo, ripeterlo fino a perdere la voce e scriverlo fino ad avere dolore alle mani.
Dal Mediterraneo hanno bandito le Ong eppure si continua a morire. Anzi, nel Mediterraneo si muore di più, proprio perché hanno bandito le Ong, ma mancano i testimoni, quindi possono dirvi ciò che vogliono e dare numeri di volta in volta utili alla propaganda. Si morirà sempre nel Mediterraneo, fino a quando ci saranno ragioni per partire, e su quelle nessuno ha idea di come agire, non solo: petrolio e armi ci legano le mani.
Hanno bandito le Ong, che non vengono coinvolte nei salvataggi, come denuncia Oscar Camps, il fondatore di Open Arms, ma poi le autorità italiane chiedono alla Ocean Viking, nave delle Ong SOS Méditerranée e Medici Senza Frontiere, e a tutte le organizzazioni presenti nell’area con velivoli o imbarcazioni di aiutare a cercare i superstiti. Non aiuto per salvare i vivi, ma per cercare i cadaveri. Ai migranti morti a poche miglia da Lampedusa sarebbero bastati i giubbotti salvagente per non annegare: questo non dobbiamo dirlo? Hanno bandito le Ong chiamandole scafisti, trafficanti di uomini, ma poi a trattare con gli scafisti, con Bija, il noto trafficante di uomini libico («uno dei più brutali aggressori di migranti» secondo l’Onu), abbiamo visto solo persone che agivano in nome e rappresentanza del governo italiano (su questo consiglio gli articoli di Nello Scavo su Avvenire).
Era il 2017, era appena iniziata la “guerra” alle Ong per racimolare voti, una guerra combattuta e vinta comunicando con crudeltà e diffondendo fake news, e dopo migliaia di morti siamo ancora qui, a cercare in mare i corpi di donne e bambini che hanno perso la vita nel tentativo di sopravvivere. Chi viene in Europa non ha altra scelta: chi affronta la morte lo fa perché ciò che vive è peggio della morte.