Per sostenere progetti politici tanto terrificanti come il regionalismo differenziato bisogna avere prima di tutto quello che mia madre chiamava “l’animo cattivo” e essere individui indifferenti e insensibili alle sofferenze e alle tribolazioni degli altri.
Nel caso del regionalismo differenziato se alla cattiveria e all’egoismo regionale aggiungiamo l’ignoranza, la malafede e la disonestà intellettuale, si ottiene davvero il peggio dell’umanità fino a rasentare l’orrore.
Vorrei richiamare due orrori del regionalismo differenziato dei quali non si parla mai: la possibilità di finanziare la sanità definendo dei costi standard e la possibilità di ridurre le complessità delle tutele sanitarie a prestazioni. Cioè i Lep.
I costi standard nascono dalla contabilità industriale e si basano sulla possibilità di analizzare con precisione tutti i costi che partecipano al processo produttivo e i vari scostamenti tra i costi teorici e i costi reali. Se per chi fabbrica bulloni questo è del tutto possibile, in sanità no. Nel senso che solo una minima parte dei costi delle attività sanitarie si potrebbero standardizzare. La maggior parte dei costi sanitari degli ospedali, dei distretti, dei vari servizi territoriali, dei dipartimenti di salute mentale ecc., non sono standardizzabili perché la cura, a fronte della complessità clinica del malato, non è standardizzabile.
Ciò nonostante i patiti dei costi standard soprattutto Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, quando girava la storiella delle siringhe che costavano di più al Sud e di meno al Nord, in occasione del riparto del fondo sanitario 2013 imposero a tutte le altre regioni il criterio dei costi standard. Il risultato fu un flop clamoroso tanto da indurre le regioni a ritornare ai vecchi criteri della spesa storica pro-capite. Da una parte non si riusciva a misurare i costi effettivi per la gran parte della sanità e dall’altra i costi che si era calcolati erano tutti sballati e approssimativi.
Nonostante i costi standard in medicina siano praticamente immorali, il regionalismo differenziato nella bozza Calderoli li propone come base di finanziamento della futura sanità.
Quanto ai Lep la bozza Calderoli di fatto propone in base all’art 117 di passare dai Lea ai Lep. La legge (L.502) che nel 1992 ha istituito i Lea parla di «livelli di attività di servizi e di prestazioni». I Lep, invece, sono solo “prestazioni” intendendo per prestazione un singolo e specifico atto clinico-assistenziale, di natura diagnostica e/o terapeutica. I Lea in sanità sino a ora sono stati definiti come macro aggregati di attività servizi e prestazioni e suddivisi in tre grandi gruppi (salute pubblica, assistenza distrettuale, assistenza ospedaliera). In pratica nella proposta di regionalismo differenziato con i Lep l’intenzione sembra essere quella di ridurre il concetto di tutela facendo coincidere il bisogno di cura con la prestazione tecnica tout court. Cioè con il minimo del minimo.
L’idea folle per chi non conosce le complessità della clinica è probabilmente costruire costi standard quantificando i costi di ogni singola prestazione. Esattamente come si usa nei prontuari delle assicurazioni. Cataloghi di “articoli” da vendere definiti da un prezzo.
È ovvio che i Lep in sanità alla fine funzioneranno come minimo consentito, ma solo per le regioni povere. Cioè le regioni ricche non sono obbligate a rispettare i Lep. Se esse avranno le risorse necessarie i loro Lep potrebbero essere ben maggiori di quelli del Sud. Altrimenti non si spiegherebbe perché Calderoli nella sua bozza parla di “perequazione infrastrutturale”.
Si supponga di aver un cancro e che la sua cura preveda un costo standard al quale i servizi dovranno attenersi. Si supponga anche che per curare il cancro siano prestabilite delle prestazioni standard. Si supponga che il caso di cancro abbia un costo reale superiore allo standard e che le prestazioni predefinite per la sua cura non siano sufficienti.
Le scelte possibili non sono molte: o si interrompono le cure o i costi eccedenti si mettono a carico del malato o si autorizzano le aziende a coprire i costi eccedenti mettendoli in bilancio.
In questi casi l’onorevole Calderoli, sapendo che in ragione dei costi standard e dei Lep il cancro in Veneto è una cosa e in Calabria è un’altra cosa, che suggerisce di fare?