Costi ancora altissimi, tempi lunghi per la costruzione dei reattori, problemi con lo smaltimento delle scorie, dipendenza dall’estero per le materie prime. L’atomo non risolverebbe i guai energetici del nostro Paese. L’intervento del Presidente di Legambiente

Da qualche mese in Italia è ripartito il dibattito sulla riapertura della stagione nucleare per fronteggiare i rincari in bolletta e la dipendenza dal gas russo. È cambiato qualcosa dal 2011, quando un referendum fermò la costruzione di nuove centrali nucleari decisa dall’allora governo Berlusconi? La risposta è no.

 

La produzione elettrica dall’atomo con la tecnologia moderna, la cosiddetta terza avanzata, è rischiosa. Continua a utilizzare la fissione e produce scorie radioattive, anche per decine di migliaia di anni, il cui smaltimento è un problema irrisolto (l’Italia non ha ancora realizzato un deposito per i rifiuti a 35 anni dal referendum del 1987 che chiuse l’avventura atomica). In queste scorie è presente materiale radioattivo utile per produrre gli ordigni nucleari. Le centrali, poi, continuano ad avere problemi di sicurezza anche nei paesi più tecnologicamente avanzati (come ha dimostrato il disastro giapponese di Fukushima 11 anni fa) e restano un obiettivo militare sensibile (quelle in Ucraina ci hanno fatto stare col fiato sospeso nelle scorse settimane).

 

Ai rischi evidenti si affiancano i tempi lunghissimi. I reattori di quarta generazione - se le ricerche iniziate 20 anni fa andranno a buon fine - vedranno la luce a ridosso del 2050, anno in cui il Pianeta dovrà aver già azzerato le sue emissioni climalteranti, se vuole fermare gli effetti della crisi climatica evidenti anche in Italia (si pensi al Po in secca, ai ghiacciai delle Alpi in ritirata o agli uragani che minacciano la Sicilia).

Stefano Ciafani

Come ricordano i Fridays for Future, non c’è più tempo da perdere ma il nucleare è campione di ritardi. Il nuovo reattore Epr di Olkiluoto in Finlandia è entrato in esercizio 12 anni dopo rispetto alle previsioni iniziali. Lo stesso reattore che la Francia sta realizzando a Flamanville ha già 10 anni di ritardi e non è ancora nota la data di consegna definitiva.

 

Ai clamorosi ritardi si aggiungono i costi esorbitanti. Paghiamo bollette salate ma non è il nucleare a risolvere il problema. Il costo del reattore finlandese da 3 miliardi di euro è arrivato a 11. Quello francese è passato dai 3,3 miliardi di euro a 13, cifra destinata a ulteriori aumenti. Chi ha centrali attive sta cercando di allungare la loro vita (negli Usa almeno fino a 60 anni) per rimandare le onerosissime attività di smantellamento, bonifica dell’area e smaltimento dei rifiuti. È stato proprio il libero mercato a fermare il nucleare che negli ultimi anni, a causa dei costi, è stato surclassato dagli investimenti sulle rinnovabili.

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Il nostro Paese ha bisogno di liberarsi dalla dipendenza dall’estero (che il nucleare alimenta), deve rendere distribuito il sistema elettrico (i produttori saranno milioni e non poche aziende) e per farlo deve puntare su semplificazioni, investimenti su efficienza, accumuli, pompaggi, reti, impianti a fonti rinnovabili da installare con velocità venti volte superiore. Abbiamo un potenziale straordinario da sfruttare, soprattutto sole e vento, che non dobbiamo comprare da nessuno. È forse questo il problema? 

 

Stefano Ciafani è il Presidente nazionale di Legambiente