Dentro e fuori

Vladimir Putin non è cambiato: basta leggere quello che scriveva Anna Politkovskaja vent’anni fa

di Bernardo Valli   2 maggio 2022

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Nel libro della coraggiosa giornalista assassinata erano riportate con precisione le denunce della corruzione e delle malefatte in Cecenia. Anticipazioni di ciò che oggi accade in Ucraina

È stata una decisione giusta e intelligente fare una nuova edizione italiana di “La Russia di Putin” dopo quella del 2005 (sempre edita da Adelphi). Anna Politkovskaja è assassinata appena due anni dopo la pubblicazione del suo libro, in cui lascia intravedere con largo anticipo e con la chiarezza di una grande e coraggiosa cronista quel che il regime di Mosca sarebbe stato capace di compiere. E che già compie, in parte, all’interno della Russia. Non poteva prevedere l’invasione dell’Ucraina. Ma giudicava il regime russo capace di azioni di grande viltà. Anche su larga scala. Basta leggere le righe che ha dedicato a Vladimir Putin.

 

Anna Politkovskaja parlava di quel che vedeva e toccava con mano. Era difficile per lei immaginare le azioni di Vladimir Putin. Ma lo giudicava capace di qualunque cosa. E così lo ha presentato nel libro. La semplice cronista non poteva immaginare imprese capaci di mettere in agitazione mezzo mondo. Tutto sarebbe accaduto qualche lustro dopo. Lei era già morta. Uccisa. Gli assassini sono in carcere, ma i mandanti restano sconosciuti. Da viva non si lanciava in pronostici. Si atteneva ai fatti, e nei suoi anni le piaghe aperte del regime erano la corruzione e i soprusi in generale. In particolare, nella Cecenia in rivolta.

 

Il teatro in cui si sarebbero svolti avvenimenti più allarmanti per il resto del mondo non sarebbe stata tuttavia la Cecenia, ma la limitrofa e indipendente Ucraina. Anna raccontava i fatti, analizzava quello che vedeva. Tratteggiava i ritratti dei protagonisti, ne elencava delitti e viltà con la precisione e l’asciuttezza di cui pochi reporter sono dotati. Con un’audacia senza retorica. Virtù rara nei suoi colleghi. Non poteva annunciare l’invasione dell’Ucraina, ancora tutta nella mente di Putin, ma descrivendo i particolari della situazione nella patria russa anticipava ben più gravi avvenimenti.

 

Vladimir Putin è da poco al potere, ma è già sicuro di sé, negli anni in cui Anna ricostruisce, svela i delitti, le omertà, le azioni canagliesche degli incaricati dell’ordine pubblico, i furti dell’apparato poliziesco e del potere politico, post-comunista. In quegli anni Putin, l’ex tenente colonnello del Kgb, gestisce quel che resta dell’impero sovietico amputato: è diventato presidente e sogna di recuperare le province perdute, sfuggite al controllo di Mosca. Nel frattempo, esibisce una democrazia finta e corrotta. Una maschera che, con le sue inchieste, la disarmata cronista gli strappa dalla faccia.

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L’invasione dell’Ucraina ha ridato una straordinaria attualità al libro scritto quasi venti anni fa. Dalle prime righe emerge l’esercito russo d’oggi. Non è infatti cambiato. Anna ne fa il ritratto. Non è più quello - benché duro - di Vasilij Grossman, impegnato nella Seconda guerra mondiale e descritto in “Vita e Destino” e in “Stalingrado”. Quello degli anni Quaranta combatteva in patria contro l’invasore. Nella Germania appena occupata i comportamenti poi mutarono. L’esercito impegnato negli anni Duemila in cui Anna compie con onestà il suo lavoro di cronista a Mosca ma in particolare nella Cecenia insubordinata, è un «luogo chiuso, chiuso come una prigione». La vita del soldato semplice è quella di uno schiavo. L’esercito russo, a differenza degli altri, ha un rapporto peculiare con la popolazione. In patria manca qualunque controllo della società civile sull’operato dei militari. Al di là dei muri di una caserma un ufficiale può fare a un soldato quello che vuole, quello che gli passa per la mente. Può trattare come più gli piace un subalterno. Riprendo qui e in altri punti della rubrica molte espressioni della intensa,viva traduzione (di Claudia Zonghetti).

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I primi capitoli del libro di Anna Politkovskaja sono dedicati alle Forze Armate, descritte come un inferno dove le reclute sono sottoposte a umiliazioni crudeli, senza pietà. Le falsificazioni dei vari graduati sono comportamenti correnti; creazione di false prove e documenti, torture e processi che il più delle volte sono soltanto farse. La cronista dedica spazio al colonnello Budanov, il quale violenta e uccide una ragazza cecena, e finisce con l’essere assolto. Lo stesso esercito combatte, distrugge, violenta adesso in Ucraina. E l’ex tenente colonnello Putin, un presidente in esercizio ormai da più di vent’ anni - tanti ne sono trascorsi da quando la giornalista Politkovskaja percorreva le contrade saccheggiate della Cecenia - ha allargato il campo d’azione delle sue Forze Armate all’Ucraina.