Il mondo si interroga su come abbassare il prezzo della materia prima. Ancora da chiarire le cause dell’aumento: secondo uno studio «se il prezzo triplica, c’è chi ci guadagna il triplo». E vince il premio Nobel

Chi decide il prezzo del gas? Un insieme di più fattori, che niente hanno a che vedere con il personaggio di fantasia Libero Mercato, che, come Babbo Natale, pare abbia origine da antiche saghe nordiche. Ancora oggi si racconta ai bambini, quando chiedono come mai la mamma piange e il babbo è disoccupato, che «è stato Libero Mercato». Ma è una fola alla quale, già verso gli otto-nove anni, nessuno più presta fede, anche per evitare di essere presi in giro dai compagni di scuola.

 

La verità. Come altri prezzi, anche quello del gas viene determinato da cause molto concrete. Se per esempio i consiglieri di amministrazione di Gazprom devono cambiare panfilo, la maniera più semplice è aumentare il prezzo del gas. La sigla, del resto, sta per Gaz Pro Me, fortemente voluta dall’oligarca Popov quando, arrivato prima degli altri all’ufficio postale di Kutsk, si intestò con un’autocertificazione tutti i giacimenti di gas della Russia, fino ad allora assurdamente considerati patrimonio pubblico. Oltre a Gazprom, negli anni Novanta in Russia distribuiva il gas anche un’altra compagnia, Gazn, che però dovette sospendere l’attività per le proteste dei clienti: se aprivano il gas sul fornello compariva la scritta «spiacenti, errore numero 300Y67H». Fu in quel periodo che nel mondo slavo presero piede i cibi freddi.

 

Altri fattori. Ma torniamo al nostro prezzo del gas. Il venditore, dicevamo, lo raddoppia perché in tal modo, secondo l’economista Jeff Pakoosian, «si guadagna il doppio; se il prezzo triplica si guadagna il triplo, e così via». (Lo studio sul prezzo dei combustibili gli è valso il Nobel per l’Economia). Poi, lungo il viaggio nel gasdotto, può esserci qualche dispersione: non è raro, nelle tratte vicino ai centri abitati, vedere contadini, massaie e soldati che scaldano la cena, o ricaricano la lampada a gas, dopo avere praticato un forellino nel grosso tubo. La dispersione, ovviamente, viene ricaricata sulla bolletta. Poi ci sono le accise per la guerra di Crimea (quella del 1853) e per il terribile maremoto nelle isole Aleutine del 1649; il contributo per la famiglia Putin; il prelievo per finanziare le campagne elettorali dei partiti sovranisti in Europa; l’otto per mille da destinare alla chiesa ortodossa del patriarca Cirillo, sempre sia lodato. Poi ci sono i distributori locali che, comprensibilmente, qualcosa dovranno pure guadagnare, per evitare che la moglie, facendo shopping a Capri, si senta umiliata dalla moglie dell’oligarca, che svuota le boutique. Alla fine della filiera, ecco che il gas, che all’origine vale due copechi al metro cubo (il salario dell’operaio che lo estrae), quando arriva da noi costa duecento euro al metro cubo. Come vedete, Libero Mercato non c’entra nulla.

 

La lavorazione. Quando arriva liquido, via nave, il gas va rigassificato, ma recenti ricerche dimostrano che la qualità migliora se il processo viene ripetuto più volte: da liquido a gas a liquido a gas a liquido ancora a gas, meglio ancora se con una fase intermedia di solidificazione grazie alla quale il gas, ridotto a cubetti, è facilmente trasportabile. Il costo di tutti questi trattamenti è altissimo, e questo viene molto apprezzato dalle aziende di trasformazione.

 

Gas autarchico. I tentativi di sostituire al gas russo quello italiano sono ancora in alto mare. In un primo momento si è pensato alle bottiglie di Franciacorta e di Prosecco, ciascuna delle quali contiene gas in quantità sufficiente ad alimentare un traghetto. Ma l’alto tasso di esplosività sconsiglia l’uso civile di un propellente in grado di proiettare un tappo anche a chilometri di distanza. Si è dunque proceduto a varie trivellazioni, in mare, nei campi, in case private, ma con risultati deludenti: tracce di gas sono state trovare solo in alcune cucine d’appartamento, e si sospetta che provenisse dalle condutture condominiali.

 

La soluzione. Sarebbe consumare un po’ meno e mettersi il maglione quando fa freddo, come sostenuto dall’ideologo ambientalista Charles Malheur fino a quando la sua utilitaria è saltata in aria. I governi di tutto il mondo hanno rivendicato l’attentato.