Il prolungamento della vita delle tre centrali del Paese è lo specchio della dipendenza dal gas russo. Ma la debolezza tedesca investe l'intera Europa

Anche se il nucleare rappresenta in Germania soltanto circa il sei per cento della produzione di elettricità, le ultime tre centrali destinate alla chiusura potrebbero vedere la loro vita prolungata. L’emergenza spinge alla conservazione e al risparmio, in settori giudicati non indispensabili in tempi normali. La crisi energetica dovuta alla guerra in Ucraina può provocare, provoca, quel che era impensabile nella Repubblica federale dove l’avversione per il nucleare è per non pochi una ragion d’essere politica.

 

Ideologica. Nell’Unione europea esso, sempre il nucleare, civile ben inteso, arriva a circa il venticinque per cento. Con la punta francese del settanta per cento (Le Monde). Il cancelliere Olaf Scholz non ha escluso che il funzionamento di quelle tre centrali nazionali, contrariamente al previsto, vada oltre il 31 dicembre. Una decisione in tal senso «potrebbe essere opportuna». Berlino si pronuncerà nelle prossime settimane, dopo le indispensabili valutazioni. Il cancelliere non gode di una stima che possa aiutarlo: deve affrontare le conseguenze di uno scandalo e la sua popolarità è ai minimi. Questo non l’aiuta ad affrontare le difficoltà dovute alla crisi, alla guerra vicina e coinvolgente in Ucraina.

 

La conseguenza energetica del conflitto, in corso ormai da mesi nel cuore dell’Europa, ha un forte significato. Perché investe anzitutto il principale paese dell’Unione. Accentuata dal fatto che è affrontata in Germania da una coalizione guidata da un socialdemocratico (Spd) che non gode della necessaria popolarità, e il cui vicecancelliere, Robert Habeck, incaricato dell’energia, è un esponente dei Verdi. Per i quali difendere quel che resta di nucleare nella Repubblica federale sarebbe una bestemmia: l’amor patrio renderebbe tuttavia tollerabile questa violazione almeno per alcuni.

 

Il governo del Duemila, con Gerhard Schroeder cancelliere (Spd), aveva optato per un’uscita del Paese dal nucleare civile. Poi Angela Merkel (Cdu), diventata a sua volta cancelliera, non fu d’accordo, ma il grave incidente, la sciagura di Fukushima, in Giappone, più tardi le fece cambiare parere. La lettura del passato abbastanza recente non è favorevole né a Schroeder diventato, dopo il cancellierato tedesco, un alto dirigente della società russa del gas (carica di recente abbandonata), né alla Merkel, che a parte qualche polemica con Mosca, ha governato la Germania ricevendo dai russi, stando ad alcune stime, il cinquantacinque per cento del gas necessario all’industria tedesca, oltre che al riscaldamento delle case e ai fornelli delle cucine, sempre tedesche.

 

La decisione del Cremlino di tagliare i rifornimenti alla Germania, che ha condannato con preoccupata fermezza l’invasione dell’Ucraina, ha creato una situazione più che imprevista. «The new Germany», come scrive The Economist, appare una potenza industriale destinata a dover funzionare per un certo tempo senza più l’energia sufficiente per tenere il ritmo che ha contribuito alla sua grandezza. Ma se avesse accettato la politica imperialista russa sarebbe venuta meno alla dignità nazionale. Sarebbe costato caro all’onore della Repubblica federale. Scholz riconosce: «Lo stato della nostra Bundeswehr e delle strutture di difesa civile, ma egualmente la nostra troppo forte dipendenza dall’energia russa, ci rivelano che ci siamo lasciati beffare da un falso sentimento di sicurezza» (Le Monde). A queste parole ne seguono altre più ferme, che il cancelliere pronuncia per dovere.

 

L’imprevedibile Russia di Putin ha mancato la guerra lampo in Ucraina. Il conflitto dura più del previsto. I tempi si allungano. L’incerta situazione attuale ha messo in evidenza una forte resistenza ucraina. Al contrario degli Stati Uniti, e del loro deciso anche se non esaltante presidente, l’Europa stretta alle frontiere occidentali del conflitto non si è adeguata abbastanza alla situazione di guerra nel continente. Ha speso euro per le armi dei combattenti ucraini, ma anche e soprattutto per le proprie vacanze. Un non saggio equilibrio.

 

Nel frattempo, senza dichiarare alleanze impegnative, i grandi Paesi asiatici: la Cina e altre nazioni, si preparano a manovre militari sul suolo russo. Manovre rituali, ma sospese da qualche anno, che adesso assumono un forte significato. È un conflitto ancora da scoprire. L’Europa in questo contesto da decifrare appare a volte perplessa a volte non abbastanza interessata o impegnata. Quel che risulta e viene sottolineata al momento è la situazione della Germania, indebolita dalla crisi del gas, che rischia di indebolire la sua industria. E quindi l’Europa di cui è larga parte. Un’Europa che ha fatto grandi progressi per rafforzare ed estendere l’Unione, ma che è rimasta ancora senza una vera difesa comune, e dipende essenzialmente dalla super potenza d’Oltreatlantico.