«In Italia ci si divide pure su uno spot. Ma non ha senso cercare la morale in ogni cosa»

Il Paese intero, compresi media e governo, discutono dell'ultima réclame di Esselunga. Cercando per forza un messaggio. Eppure è solo pubblicità, dovrebbe essere pensata per indurci a comprare, a che serve la retorica?

Attenzione ai titoli: «Al centro delle polemiche» oppure «Fa discutere». Al centro delle polemiche di chi? Fa discutere chi? Ne sentite una ogni giorno di notizie lanciate così che poi si rivelano del tutto inutili. Prendiamo quella di uno spot di Esselunga con al centro una famiglia di genitori separati e la loro figlia. Nella pubblicità la bambina fa la spesa con la mamma, a cui chiede di comprarle una pesca. Tornata a casa, dopo aver giocato e sorriso, sente suonare il campanello; è il padre al piano di sotto che l’aspetta per passare del tempo assieme. Una volta col papà, la bambina tira fuori la pesca e dice: «Te la regala la mamma».

 

Occhi a cuore da parte di tutti, che ci inteneriamo, e sarebbe finita lì. Ma una volta messo online, lo spot ha fatto il giro della Rete, dove gli utenti hanno espresso dei giudizi sui loro canali social, specie su X (ex Twitter). Il che è normale, succede ogni giorno per ogni fatto, chiunque esprime un’opinione, ma sta a noi scegliere a chi dare peso. Dopo il lancio della campagna pubblicitaria, tutte le maggiori testate nazionali, nel giro di poche ore, hanno pubblicato un articolo sul tema e sulla «polemica». In tutta Italia si parla dello spot Esselunga, ci si divide pure su quello. C’è chi ci vede un elogio della famiglia tradizionale di destra contrapposta a quella della pubblicità, chi pensa che la madre sia discriminata in quanto è lei che lascia la piccola (perché non il padre? Beh, lui la lascerà dopo, no?), chi invece vede strumentalizzata la bambina. È un coro di retorica disarmante.

 

Dare spago ai commenti di decine di tizi sconosciuti sul Web dovrebbe essere una sorta di indagine sociale, non una notizia. Per esempio, è da notare come il pubblico sia polarizzato in due fazioni: lo spot è bellissimo oppure strumentalizza il dolore della bambina. Stupisce che non venga fuori una terza idea, ovvero che si tratta dell’ennesima réclame che cerca di venderci qualcosa facendo leva sul pietismo. Perché dobbiamo investire tutto di una morale, perché anche la pubblicità deve farci riflettere? Perché, mentre siamo passivi davanti alla tv coi neuroni azzerati e vogliamo solo distrarci, dobbiamo interrogarci sui drammi dei bambini di genitori divorziati? E perché, soprattutto, una grande azienda ha bisogno di dirci: «Non c’è spesa che non sia importante». Ma che retorica scarsa è?

Il caso
Forse stiamo un po' esagerando con lo spot dell'Esselunga
26-09-2023

Lo spot è una bugia, come ogni pubblicità, serve solo a vendere un prodotto. In più è triste. Di solito negli spot assistiamo a formaggini che parlano, macchine che ci faranno sentire potenti, pennelli giganti per pareti giganti, donne sorridenti che parlano di perdite «intime» felicissime del nuovo assorbente e musichette a massimo volume che ti stordiscono. Alla fine devi comprare, in qualche modo devono convincerti. Quel tipo di pubblicità mi fa sentire uno dei mattoni nel muro di “Another Brick in the Wall” dei Pink Floyd, l’ingranaggio di una macchina che è il mercato e ci ha ingoiati tutti, ma è preferibile rispetto alla pubblicità d’autore, quella dell’era dei social, della viralità, del contenuto breve; quella in cui pure le multinazionali devono avere un’anima e sensibilizzarci sui temi seri. Che noia. Lo spot ha solo un aspetto su cui far polemica: gli attori non sono eccellenti, ma nessuno ne parla. Zero credibilità, una recitazione quasi amatoriale se non per la giovanissima protagonista. Nessuna polemica a riguardo.

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