Il ddl viola i principi fondamentali su cui si basa la nostra Carta: uguaglianza e solidarietà. Aumenterebbe il divario tra Nord e Sud, creerebbe una Repubblica di piccoli staterelli in competizione tra loro. Mentre le sfide globali che dobbiamo affrontare richiedono coesione

Le Costituzioni vengono scritte in periodi di saggezza e sobrietà, perché servono in momenti di sbandamento. Se dinanzi ai numeri della povertà, della precarietà, dei femminicidi, dei morti di lavoro, di coloro che non possono più curarsi, della dispersione scolastica, dei giovani costretti a emigrare per costruirsi un futuro, delle vittime di mancate bonifiche e di eventi meteorologici estremi, il governo ha come priorità autonomia differenziata e presidenzialismo, allora siamo allo sbando.

 

Il progetto di autonomia differenziata portato avanti con il ddl Calderoli ha come obiettivo la devoluzione di 23 materie di competenza dello Stato alle Regioni. Materie fondamentali che servono per attuare gli obiettivi indicati dalla Carta e garantire i diritti su tutto il territorio nazionale: scuola, salute, lavoro, ambiente, sicurezza, energia, servizi sociali, asili nido, mobilità, commercio con l’estero, per esempio, verrebbero pensati e gestiti a livello regionale. E senza risorse aggiuntive per superare disuguaglianze e ritardi. Il ddl prevede il finanziamento delle autonomie attraverso la compartecipazione al gettito di uno o più tributi erariali maturati nel territorio regionale. Se calcoliamo le conseguenze prendendo come riferimento la sola Irpef versata da Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia (le prime tre Regioni a chiedere la devoluzione di 18, 23 e 21 materie), verrebbero a mancare nelle casse dello Stato più di 190 miliardi di euro!

 

Siamo passati da «prima gli italiani», a prima i veneti, i lombardi e così via. Ogni Regione cercherebbe di rendere più competitivo il suo territorio, riducendo costi, tasse e diritti, togliendo vincoli per essere più appetibile agli occhi degli investitori. Assisteremmo alla nascita di tanti piccoli staterelli governati da cacicchi, in un momento storico in cui dovremmo unirci per affrontare problemi di portata globale.

 

Se passasse il ddl Calderoli la devastazione per il Sud sarebbe inimmaginabile, se consideriamo i diversi livelli retributivi, di servizi, diritto allo studio, tutela ambientale. Le attuali differenze, enormi, si allargherebbero. Già ora un bambino calabrese riceve un ventesimo rispetto a quanto previsto per uno del Nord e corre il doppio del rischio di morire nel primo anno di vita. Secondo Svimez, per eliminare i divari tra Nord e Sud ci vorrebbero 90 miliardi. Ma anche le Regioni del Nord sarebbero più deboli. Pensate affrontare da soli alluvioni o pandemie… Con l’autonomia passeremmo da un regionalismo solidale a uno asimmetrico e competitivo, che viola i due principi su cui si fonda la Costituzione: uguaglianza e solidarietà.

 

L’impatto sulle vite della maggioranza dei cittadini sarebbe catastrofico. Verrebbero istituzionalizzate povertà e disuguaglianze, distrutte l’unità e l’indivisibilità della Repubblica. Il Parlamento verrebbe esautorato anche dalla definizione dei Livelli essenziali di prestazione, ancora irrealizzati dal 2001, da quando fu approvata la pessima riforma del Titolo V. La legalizzazione delle differenze sarebbe un assist enorme alle mafie, come confermato dalla crescita del welfare sostitutivo e dei reati spia durante la crisi e la pandemia. L’Italia diverrebbe un territorio privo di sovranità effettiva. Il presidenzialismo, o premierato, chiesto in cambio dal partito di Meloni sarebbe una scatola vuota.

 

La via maestra è la Costituzione. Non va stravolta, ma applicata per risolvere i problemi. Questo è l’obiettivo della manifestazione del 7 ottobre promossa da Cgil e centinaia di realtà sociali. Per una sana e robusta Costituzione, visto lo sbandamento.