Europa e Stati Uniti arrivano a malapena a metà degli abitanti dell’India che con 1 miliardo e 428 milioni di persone è diventata il Paese più popoloso del mondo

I numeri indicano dove va il mondo. Certo non vanno assolutizzati, ma neppure ne va sottovalutato il significato. Il Vecchio Continente consta oggi di 450 milioni di abitanti. Nell’aprile di quest’anno, l’India ha superato la Cina, diventando il Paese più popoloso al mondo, con 1 miliardo e 428 milioni di persone. Al terzo posto entro il 2050 ci sarà la Nigeria, che raggiungerà i 377 milioni, superando così gli Usa. Dunque, Europa e Stati Uniti, la parte principale di quello che consideriamo Occidente, arriva a malapena a metà dell’India. Fra i primi dieci Paesi più popolosi troviamo anche Repubblica democratica del Congo ed Etiopia. La popolazione del continente africano è più che quadruplicata nell’ultimo mezzo secolo, passando dai 285 milioni di abitanti nel 1960 a 1,4 miliardi di oggi. Di contro, la più rapida riduzione si registra in Europa, in Russia e in Asia orientale, dovuta, in prevalenza, a bassi tassi di natalità e alta emigrazione giovanile.Dalla fine del 2022 sul Pianeta siamo ormai 8 miliardi e, come afferma l’Onu, «i Paesi con i tassi di fertilità più alti tendono a essere quelli con i redditi pro capite più bassi, molti si trovano nell’Africa subsahariana».

 

In un’Europa che decresce demograficamente, con una vita media pari a poco più di 44 anni, e indici alti del rapporto tra popolazione anziana e lavoratori, l’Italia detiene il primato sia riguardo all’età media (48 anni) sia nel rapporto over 65-lavoratori (37,5%). Ma il nostro Paese detiene soprattutto un altro non invidiabile primato: quello della natalità più bassa in Europa. È il cosiddetto “inverno demografico”: nel 2022, è stato toccato un nuovo record. Per la prima volta dall’Unità d’Italia, le nascite sono scese sotto le 400 mila (con una riduzione, dal 2008, di circa un terzo).

 

Del resto, l’indice di natalità in Italia (numero di nascite x 1.000 abitanti) nel 2021 è stato, per la seconda volta, il più basso al mondo in assoluto: 7,3 (11,6 per gli Usa; 11,7 per l’Inghilterra; 11,3 per la Cina; 8,3 per la Germania; 11,2 per la Francia; 17,7 per l’India). Le stime della distribuzione per credo religioso (Sole 24 Ore) indicano invece 2,3 miliardi di cristiani, 1,9 miliardi di islamici, che entro il 2060 raggiungeranno i primi, e 1,16 miliardi di induisti.Sempre secondo i dati delle Nazioni Unite, 244 milioni di bambini e giovani non frequentano la scuola, mentre 771 milioni di adulti sono analfabeti. Di questi, un’alta percentuale è concentrata nell’Asia occidentale e meridionale (70.2%), mentre l’Africa subsahariana si attesterebbe sul 64%.

 

È con questo tipo di scenari globali che deve misurarsi il dibattito in Occidente. Un dibattito a tratti surreale e marcato da contraddizioni sempre più vistose. Sugli spargimenti di sangue, sul rispetto verso le donne, sulla tutela dei bambini. L’impressione che suscitano alcune posizioni è quella di una rincorsa conformisticamente modaiola a uno sfrenato antioccidentalismo. Che si traduce nella ribellione verso certi modelli culturali, se praticati in Occidente, e, allo stesso tempo, in un assordante silenzio, se invece sono praticati al di fuori dei suoi confini. Coltivando in questo modo l’illusione o l’idea di poter rendere migliore l’Occidente, si avrà soltanto l’effetto, evidentemente, di anticiparne la dissoluzione.