Impedire che nelle aule si parli ai bambini e alle bambine dei loro sentimenti e dei loro corpi equivale a soffocarli nei nostri ingiustificati timori. A perderli. E quindi a perdere l'anima e il futuro della comunità. Ricordiamo che figli e figlie non sono "nostri"

Sabato scorso, mentre si affollavano le piazze del 25 novembre, Pro Vita&Famiglia attaccava manifesti per le vie di Roma: vi si vede un bambino senza testa, con grembiulino arcobaleno, piede destro in un anfibio, piede sinistro in una scarpa (rossa) con tacco a spillo. Testo: «Basta confondere l’identità sessuale dei bambini nelle scuole». Bisogna riconoscere a Pro Vita l’efficienza, perché il bambino con scarpe “gender” arriva a poche ore dalla richiesta comune di introdurre educazione sentimentale, affettiva, sessuale nelle scuole: ma la reazione degli oltranzisti non sorprende affatto.

 

Semmai, fa tornare in mente Russell Banks, che nel 1991 scrisse Il dolce domani (ne venne tratto un film da Atom Egoyan nel 1997 e nel 2020 i fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo ritorneranno sugli stessi passi con Favolacce). Per Banks, il dolce domani è il sogno perverso dell’America liberal, e quando racconta l’incidente di uno scuolabus, che precipita sul ghiaccio uccidendo la gran parte dei bambini della cittadina di Sam Dent, ha in mente altro: «Negli Stati Uniti – diceva – da una ventina d’anni qualcosa di terribile è accaduto ai nostri bambini. Li abbiamo persi. Una comunità che perde i bambini perde l’anima. L’America è in uno stato di crisi profonda, antropologica. Con la perdita dei nostri bambini, l’avvenire passa dietro di noi e ci lascia di fronte al dolce domani illusorio».

 

Perdere i bambini significa soffocarli con i nostri timori, allontanare da loro ogni possibile frustrazione, creare individui fragili che, un giorno, potrebbero essere sopraffatti o sopraffare. Perdere i bambini significa impedire sistematicamente che nelle scuole italiane si parli dei loro sentimenti e dei loro corpi: obbligatoria in quasi tutti i Paesi dell’Unione, l’educazione sessuale è praticamente impossibile nel nostro, le leggi presentate sono ferme o bloccate da anni e i progetti educativi boicottati.

 

Nel maggio 1992 venne espulso dalle scuole Lupo Alberto, il personaggio a fumetti creato da Silver e scelto come protagonista della campagna contro l’Aids per spiegare ai ragazzi «come fregare il virus» usando il preservativo. Il ministero della Pubblica Istruzione fermò tutto perché «la parola profilattico non era opportuna». Le cose sono peggiorate da quando, nel 2011, Benedetto XVI bollò l’educazione sessuale come «minaccia alla libertà religiosa contraria alla fede e alla retta ragione», e si procede, ogni volta, con proteste e lettere di genitori e dei loro avvocati contro «l’ora di masturbazione» (sic). Eppure questa volta non avrebbero molto da temere dal progetto del ministro Valditara, che a quanto pare prevede poche attività riservate alla sola scuola secondaria, peraltro da sottoporre al controllo delle associazioni dei genitori. Uno di questi giustificò a Presa Diretta nel 2016 la propria contrarietà così: «Mio figlio è mio».

 

La cosa preziosa di oggi è allora Il Pifferaio di Hamelin, sia nella versione raccolta dai fratelli Grimm sia nella poesia di Robert Browning, The Pied Piper. Da qui trassero ispirazione Russell Banks e poi i fratelli D’Innocenzo, per ricordarci la stessa cosa: i bambini e le bambine, quando vengono oppressi dalle loro famiglie, si perdono. I vostri figli non sono i vostri figli, diceva il poeta, molto e molto tempo fa.