RESISTENTI
Nel gesto di dare qualcosa all’altro, nella scelta del regalo ancora prima che nel regalo stesso, risiede tutta la nostra esperienza di vita. E il modo con cui pensiamo di cambiare ciò che non va
di Diletta Bellotti
Vi chiedo di immaginare un fiore. Il primo in realtà che riuscite a visualizzare. Prendetevi un attimo, chiudete gli occhi e visualizzate l’ambiente intorno: da dove lo state raccogliendo? Il fiore ha opposto resistenza? Ce ne sono altri intorno? Ora donatemelo.
Con questo semplice gesto della mano non mi avete donato solo un fiore, ma la vostra intera esperienza umana, la sintesi di tutto ciò che avete vissuto, letto, pensato e sentito. Mi avete donato la vostra estetica e immaginazione, il vostro olfatto e il vostro tatto. Forse mi state addirittura donando un ricordo di un fiore donato. Mi state donando tutte quelle esperienze umane da cui la vostra, personale, necessariamente dipende. Sotto quel gesto, sotto quel dono, c’è un gancio con una complessa e fitta rete di vissuti che fluttua enorme e ingombrante intorno a un semplice fiore. Esperienze magari dimenticate che comunque abitano quel fiore visualizzato.
Capiamoci bene, non tutte saranno esperienze positive; mi donate anche e soprattutto, spero, la sintesi dei vostri traumi e delle vostre sofferenze. Mi raccontate, nel vostro unico modo di darmi qualcosa, come voi avete costruito significato, come avete resistito. Soprattutto, e questo punto è essenziale: mi donate quello che voi stessi avete ricevuto come rilevante.
Infatti questo significato intorno alla vita, per quanto svegli, nessuno di voi l’ha costruito da sé: è una pioggia di fiori infiniti, storici, antichissimi, fiori i cui semi son forse ormai estinti, persi nel vento. Un fluire dolce e lento di fiori che portano la sintesi esperienziale di tutta la storia umana, non solo di quella bianca occidentale, ma anche e soprattutto di quella non-detta, marginale, inconscia, quella familiare e insignificante, quella che si osserva negli altri mentre si aspetta un autobus. E questa storia umana, questa sintesi esperienziale collettiva, voi me la state concedendo attraverso i vostri occhi.
Quindi vedete, sotto questo gesto — che io non a caso credo, visualizzo in un fior acquatico, perché me lo immagino proprio sospinto dall’acqua — ecco, sotto questo gesto, risiede il mondo intero, tutto mischiato e accrocchiato, come una struttura del purgatorio che con i suoi moti e i suoi giri è riuscito a sintetizzare la volontà, vostra, di dare qualcosa all’altro. Un significato nel contatto con il mondo e, ancor di più, un’urgenza nel dare qualcosa. In altre parole: di creare un’eredità intorno a un fiore visualizzato.
Dunque, cosa fare prima della fine? Cosa fare prima che il mondo collassi? Dobbiamo resistere, questo è ovvio. Dobbiamo essere sabbia, non olio negli ingranaggi di questa macchina mondiale, di questo capitalismo della morte. Dobbiamo lottare contro l’1 per cento che ha reso invivibile il pianeta che abitiamo, per proteggere le nostre comunità, le persone che amiamo. Per farlo dobbiamo tornare dove abbiamo colto il fiore.
Io tornerò nell’acqua di uno stagno tra i fiori di loto, come una ninfa marina, lì dove oggi, in un millesimo di secondo, ho elaborato che fiore cogliere. Cosa donare. Lì, nella scelta su cosa raccogliere e lasciare al mondo, nella scelta, non nel dono in sé, risiede il significato dello stare al mondo. Lì risiede la voglia di resistere. Nel gesto prima del dono, nel momento in cui uno si dice: forse ho qualcosa da dare all’altro, forse quest’urgenza che sento non è solo mia. Forse questo fa male anche a te, forse insieme ci fa meno male, vieni qui, vieni da me, in quest’acqua c’è posto per ognuno di noi.