Detesto quella vacanza coatta che serve all’economia. Il carovita mi travolge e il turismo mi terrorizza

Metà agosto, estate finita. Ma come, non era appena iniziata? E invece no, ti accorgi che è finita perché sono tutti in ferie; in massa, forzati, capitalizzati come turisti. Tirano tutti avanti per undici mesi l’anno tra call, stress e straordinari; arrivano a questo periodo con il miraggio del riposo e vengono spediti in vacanza coatta per far girare l’economia. L’Italia burocratica si blocca, il Parlamento è deserto, i telefoni non rispondono (memorabile Sergio Marchionne che mentre la Fiat perdeva 5 milioni al giorno aveva gli uffici italiani vuoti: «Così chiedo: “Ma dove sono tutti?”. E mi dicono: “In ferie”. “Ma in ferie da cosa?”, dico io. In Brasile se ne fregano di agosto, in America si lavora. È una pirlata»). Perché le ferie si fanno ad agosto? Io voglio farle a giugno o a settembre. Ad agosto non sono ferie, sono un altro lavoro, con le partenze che sono «esodi» e i «bollini neri» (neri!) del traffico.

 

Ferie poi per chi può permettersele, visto che una grossa fetta di italiani se ne sta a casa: circa 9 milioni, secondo le stime, le vittime del carovita. Ma non c’è da compatirli, almeno non incapperanno in situazioni paradossali come quei turisti che in provincia di Como hanno pagato 2 euro in più per farsi tagliare un toast a metà. Un toast da 7,50 euro, quindi immagino buonissimo, gourmet, chilometro zero, bio, «impiattato» e via dicendo. Tenetevelo, grazie. Secondo il proprietario del locale si tratta di un «servizio». Idem in Liguria, dove una madre ha pagato 2 euro in più per un piatto vuoto in cui assaggiare le trofie del figlio. Il turismo è fatto di questo, di «servizi», la gentilezza evidentemente non è inclusa nel prezzo.

 

Il turismo sono i visitatori del Colosseo e della Torre di Pisa che scrivono il loro nome sulla parete del monumento perché «non sapevo che era antico». Sinceramente il turismo mi terrorizza, è la globalizzazione umana dello svago. I turisti vanno in giro in ciabatte e abiti tecnici per sentirsi comodi, impestando i borghi che devono vedere a tutti i costi in un tour de force esperienziale, che invece di rilassarli genera ansia. I posti per turisti sono dei pacchi, le spiagge turistiche sono dei lager. Ogni qual volta un posto diventa turistico, si rovina per i residenti. Not in my name, please.

 

E poi, in questo agosto di eco-ansia, io sono in controtendenza e ho sviluppato quella che definirei benzo-ansia. Dovrei viaggiare di più, ma è il momento peggiore per farlo, i prezzi sono alle stelle e la benzina costa ancora 1,9 euro. Per qualche tempo in Italia si è fatto casino perché era stato superato il tetto di 2 euro, ma è bastato passare al decimale per fregare tutti. Adesso nessuno sciopera, gli stipendi non aumentano (ah no, hanno dato 124 euro lordi di media in più agli insegnanti e i sindacati erano pure contenti. Pensate che io, per chiamarlo aumento, ne avrei pretesi 1.024 di euro in più al mese) e spostarsi non conviene.

 

Per la mia benzo-ansia cosa fa il governo? Il decreto Trasparenza. Una genialata: i benzinai che lucrano devono esporre il prezzo vigente sul mercato e tu puoi segnalare un abuso. Ma che ci pensi lo Stato a sgamare i furbi e a noi ci abbassino la benzina, o quantomeno non ci facciano lavorare – gratis oltretutto – come controllori. Sono tutti furbi tranne me, evidentemente. Però me ne sto a casa, almeno i toast me li taglio gratis.

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