Editoriale

«Nessuno ha raccolto l’eredità del vecchio Pci. E ne paghiamo le conseguenze»

di Alessandro Mauro Rossi   22 gennaio 2024

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Il partito comunista finì per cambiare pelle, lasciando un vuoto a sinistra. Da allora è mancato chi difendesse davvero i diritti sociali e civili. E adesso pure quelli democratici che sono sotto minaccia

“Ho ucciso Achille Occhetto”. È un libriccino di 80 pagine, si legge in poco tempo, è divertente. È una storia ambientata alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, in una Casa del Popolo con tutti i personaggi tipici al loro posto. Quando Achille Occhetto annuncia di voler cambiare nome al Pci, Adelio decide di ammazzarlo. E parte per Roma. Non riuscirà nell’impresa, anzi morirà proprio lui ucciso in un giro di spioni. Occhetto sopravviverà all’attentato e quando si presenterà alla stampa per mostrare il nuovo simbolo… Sorpresa! Il nuovo simbolo sarà ancora quello vecchio, quello del Partito Comunista Italiano.

Da lì gli autori, Pilade Cantini e Marcello Cavallini, due scrittori toscani irriverenti, ormai comunisti immaginari, faranno uscire dalla bocca del segretario del Pci una previsione sul futuro. Ecco una significativa sintesi.

Achille Occhetto entrò con pochi minuti di ritardo e appoggiò sulla scrivania una cartellina di appunti. «Cosa stavamo per fare…», sospirò. «Stavamo per dare il via alla dispersione irreversibile del nostro patrimonio immenso di idee, di militanti, di strutture territoriali, una cosa che avrebbe causato dei disastri indicibili. Avessimo oggi rinnegato la nostra idea, cosa sarebbe accaduto? Quali speranze sarebbero rimaste ai disperati, ai sottoproletari, agli sfruttati? Siamo diversi e orgogliosi della nostra storia, della nostra diversità. Chi c’invita gentilmente a cambiare, in realtà non vuole altro che la nostra distruzione, così da essere libero di trasformare in senso reazionario questo Paese.

L’assenza d’utopia nel dibattito politico avrebbe lasciato spazio a surreali predicatori. La nostra gente, orfana di una grande idea di trasformazione reale, sarebbe stata facile preda di imbonitori e populisti d’ogni genere. Per non parlare delle lotte fratricide che si sarebbero scatenate fra di noi: tutti pronti a saltarsi alla gola, una frattura epocale e mai più sanabile. Senza la massa d’urto dei comunisti, divisi e lacerati, in pochi anni sarebbe stata facilmente annientata la legislazione del lavoro, si sarebbero trasformate in senso aziendale scuole, università e ospedali, sarebbero stati privatizzati i servizi essenziali come l’energia, i trasporti, la telefonia, svendute le industrie di Stato.

I partiti tradizionali, sconfitti e svuotati, si sarebbero giocoforza dovuti unire, magari in un generico partito democratico per niente di sinistra, una cosa ridicola copiata da tristi modelli americani. Quello che è più grave ancora, in un mondo senza più ideali e utopie, se non quella del mercato, è che ognuno di noi si sentirebbe allo stesso tempo libero e perso, non più vincolato a quei valori solidali che così tanto hanno fatto avanzare la nostra società dal dopoguerra ad oggi. E allora si comincerebbe a elogiare la furbizia, ad apprezzare l’arrivismo, il far soldi ad ogni costo. Queste idee malsane, incontrastate, presto finirebbero per insediarsi anche nei cuori e nelle menti della nostra gente. Che brutta fine per noi che volevamo costruire l’Uomo Nuovo. Ma tutto questo non succederà!».

E invece è successo. Se il Pci non avesse cambiato pelle, sarebbe successo ugualmente? Chissà. Il problema forse non era tanto il simbolo quanto quello che aveva significato quel movimento di popolo, che a un certo punto aveva “minacciato” di essere vicino, democraticamente, ad arrivare al governo. Nostalgia? Amarcord? Più che altro nostalgia di futuro. Nessuno ha raccolto legittimamente quell’eredità ideale.

E oggi ne paghiamo ancora le conseguenze per non esserci saputi attrezzare, per non essere riusciti a governare il cambiamento, per non aver saputo trasportare nel nostro tempo quei valori che hanno segnato la costruzione dell’Italia democratica. Ormai chi rappresenta gli ultimi, chi difende i lavoratori, i disoccupati, i diritti sociali e civili? Presto ci chiederemo anche chi difende i diritti democratici, se passerà la riforma costituzionale del centrodestra. Quei valori li abbiamo persi per strada. E nessuno si volta più nemmeno a guardare.