PERSONAGGI E INTERPRETI
C’è anche Giorgia alla fiera delle promesse
Con Fratelli d’Italia si esaurisce la lista di chi, arrivato al governo, ha smentito gli impegni elettorali
Certo, fa un po’ sorridere sentire l’arcimeloniano Italo Bocchino spiegare al popolo che l’eliminazione delle accise sulla benzina sarebbe «un regalo ai ricchi», perché «l’industriale risparmierebbe 15 euro facendo il pieno alla sua Ferrari mentre l’operaio con la Panda solo 3». Fa un po’ sorridere perché ci ricorda l’ormai celebre video in cui Giorgia Meloni fingeva di fare rifornimento pagando un inaccettabile balzello al fisco e prometteva che se avesse vinto le elezioni lei le avrebbe «progressivamente eliminate», quelle maledette accise.
Eppure è una buona notizia, che lei e il suo partito, una volta approdati alla guida del governo, dopo aver guardato dentro i forzieri (vuoti) dello Stato abbiano dovuto spiegare agli italiani che un Paese indebitato per tremila miliardi non può fare regali a nessuno. Perché la destra di Fratelli d’Italia era l’unico partito che fino a ieri poteva permettersi di promettere miracoli, non essendo ancora stato chiamato a far quadrare i conti dello Stato. Adesso che le è toccato questo compito, è legittimo coltivare una piccola speranza che le promesse irrealizzabili su tasse, pensioni e sussidi escano finalmente dal repertorio della propaganda di partito, dopo che per trent’anni ne sono state i pezzi forti.
Il primo ‒ ricordate? ‒ fu Silvio Berlusconi, che con lo slogan «Meno tasse per tutti» assicurò agli elettori che avrebbe ridotto a due le aliquote Irpef (con la percentuale massima del 33 per cento). Sembrava che avesse la bacchetta magica per realizzare la rivoluzione fiscale, ma quella bacchetta dovette perderla, e non la ritrovò mai. Già che c’era, garantì l’eliminazione del bollo auto, sapendo perfettamente che lo Stato non avrebbe potuto rinunciare ai sette miliardi che ogni anno versano gli automobilisti. Infine promise la pensione minima a mille euro e un vitalizio anche per le casalinghe, «le nostre madri e le nostre nonne». Nulla di tutto questo, come sappiamo, è stato mai realizzato dai suoi quattro governi, per la semplice ragione che non c’erano i soldi per farlo: le aliquote Irpef sono ancora tre (fino al 43 per cento), il bollo auto si paga ancora e le pensioni minime sono ferme a 614 euro.
Matteo Salvini ha preso esempio da lui. Ricordate quando parlava di flat tax al 15 cento per tutti? Il capo della Lega ha ripetuto questo slogan come un mantra durante le sue campagne elettorali, ma una volta al governo ha fatto marcia indietro: la flat tax è stata relegata a qualche ritocco marginale per le partite Iva, niente di più. Poi c’era la promessa di abolire la legge Fornero, scandita in tutti i talk show. Ma quella legge è ancora lì, intatta, e oggi tocca proprio al ministro leghista dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, spiegare desolato che non c’è trippa per gatti. Nel 2018 è arrivato il turno dei grillini. Dopo che Luigi Di Maio aveva annunciato dal balcone di Palazzo Chigi di aver «abolito la povertà», con il reddito di cittadinanza, Giuseppe Conte ha assicurato agli italiani che avrebbero potuto ristrutturare le loro case «gratuitamente», grazie al superbonus. Un generoso regalo di cui hanno approfittato anche bande di truffatori, ma il conto ‒ salatissimo: 219 miliardi ‒ lo stiamo ancora pagando noi contribuenti. Giorgia Meloni era stata l’ultima, nel 2019, a inventarsi una promessa irrealizzabile nuova di zecca. Non immaginava che quello spot sulle accise le si sarebbe ritorto contro. Ma lei è una che impara anche dagli errori, e dunque non lo ripeterà. Forse.