Il razzismo s’incarna in mille forme subdole. Parola delle madri di giovani italiani con la pelle nera

"Mamme per la pelle” è un’associazione non profit nata nel 2018, dopo un post sui social sotto elezioni scritto dall’agente e scrittrice Gabriella Nobile e dedicato a Matteo Salvini. Il figlio quattordicenne di Nobile era stato aggredito verbalmente da diversi adulti. Il post della madre diventò virale e lei fu contattata da altre mamme adottive e da tantissime famiglie affidatarie e biologiche, con in comune il fatto di avere figli di diverse origini e neri. Nobile riteneva responsabile Matteo Salvini di un clima di diffidenza e odio nei confronti dei ragazzi di colore. Lui le rispose quando vinse le elezioni: «Salvini non fa paura ai bambini». La invitò anche a bere un caffè con i rispettivi figli, ma ciò non è mai avvenuto.

 

«Non serve insultare per essere razzisti. Fare cultura antirazzista vuole dire contrastare atteggiamenti nei confronti delle persone nere come sguardi diffidenti, micro-aggressioni quotidiane come toccare i capelli delle bambine, non affittare le case, non dare i lavori, cambiare strada tenendosi stretta la borsetta al petto. I nostri figli subiscono queste aggressioni quotidianamente. Cerchiamo di decostruire il razzismo andando nelle scuole, facendo mostre fotografiche, raccontando la vita dei nostri figli che sono esattamente uguali a quelli di altre, solo che hanno la pelle scura. Fabien, mio figlio, è stato adottato quando aveva due anni e viene dal Congo, mentre Amelie aveva un anno e viene dall’Etiopia. Ha subìto più lui di lei perché il maschio quando cresce viene visto come una minaccia. Lui oggi ha diciotto anni, ma ha subìto azioni violente a calcio, per strada. Ha le spalle forti, si è abituato purtroppo: quando può, risponde e, quando non ne vale la pena, lascia correre. Amelie diventerà una preda quando crescerà, me lo raccontano tante donne nere. In Italia la vita per i ragazzi e le ragazze con la pelle scura è difficile».

 

Quando chiedo a Gabriella quali soluzioni esistano per contrastare questa discriminazione mi risponde che è attraverso la legge di cittadinanza perché solo così gli italiani capiranno che ci sono anche italiani con la pelle nera. «Quello che l’onorevole Roberto Vannacci non ammette è che un italiano possa avere la pelle nera. La legge sdoganerebbe in modo ufficiale questa realtà. Un’altra soluzione passa dalla rappresentazione. Perché a parlare di razzismo sono i bianchi? Che cosa ne sanno? Non hanno mai subìto ciò che subiscono i giovani con la pelle scura. Possono aver avuto altre discriminazioni, ma non questa. Bisogna dare spazio a ragazzi e ragazze dalla pelle nera e mettersi in ascolto. Non abbiamo molti attori di colore che abbiano parti normali, o vu’ cumprà o prostitute. In altri Paesi i ragazzi di colore possono sognare di diventare presidenti, ad esempio, o attori. Ciò mina la personalità e la sicurezza dei nostri figli, che vogliono andarsene il prima possibile».

 

Gabriella e suo figlio Fabien Cordera hanno scritto a quattro mani il libro “Sette giorni per diventare amici” per dare voce a una narrazione differente sui ragazzi che vivono in Italia. «La parola “integrare” non mi piace perché presuppone che esista un essere superiore che integra un essere inferiore. Preferisco la parola accoglienza. Vannacci dice che bisogna dare la cittadinanza a chi la merita. Mi piace. Ma allora togliamola ai bianchi che non la meritano. Deve valere per tutti».