Personaggi e interpreti
Salvini spiazzato dal populismo 2.0 targato Vannacci
Il generale non è al governo e può usare in tutta libertà gli slogan che più piacciono agli elettori frustrati
Nel vuoto lasciato dal declino salviniano si inserisce dunque ufficialmente il generale Vannacci. Lanciando un movimento che parla a un elettorato deluso. Incanalando le frustrazioni che Salvini non riesce più a interpretare. Presentandosi come un outsider pronto a ripulire la politica italiana. La sua figura di ex comandante dei parà si presta perfettamente a incarnare la leadership carismatica che i populismi cercano. E lui non ha paura di puntare sul nazionalismo, sull’identità e sull’ostilità verso le élites globaliste, in una retorica che aggiorna le parole d’ordine del salvinismo con toni ancora più radicali. La mossa del generale è la prova definitiva che Salvini ha un problema. Il populismo che lo aveva portato alle stelle - quel mix di euroscetticismo, xenofobia e promesse irrealizzabili - è diventato difficile da sostenere. Come si fa a parlare di sovranità nazionale quando si è costretti a negoziare con l’Europa? Come si fa a urlare contro i migranti quando il governo di cui fai parte non riesce a fermarli? Vannacci, al contrario, è ancora un personaggio senza responsabilità dirette né passati ingombranti. E questo gli consente di lanciare slogan semplici e potenti, liberi da quel minimo di realismo politico che Salvini è costretto a mantenere. Se Salvini è ormai intrappolato in un populismo “spompato”, Vannacci propone un populismo 2.0, più aggressivo e meno moderato. Dove Salvini parla di blocchi navali, il generale evoca un’Italia che deve difendersi da invasioni culturali e demografiche.
Dove la Lega cerca di negoziare con l’Europa, Vannacci riprende il vecchio spirito anti-europeista senza compromessi. Ma c’è un’altra differenza sostanziale: Salvini ha sempre cercato di bilanciare il suo populismo con una parvenza di pragmatismo. Vannacci, invece, non ha questa necessità. La sua forza sta proprio nel posizionarsi come il nuovo volto del dissenso, il portabandiera di chi non si riconosce nemmeno nelle promesse - ormai logore - della Lega. E questo gli consente di parlare a quella pancia del Paese che si sente tradita non solo dalla sinistra, ma anche dalla destra moderata. Quanto potrà resistere la Lega di Salvini di fronte all’ascesa di Vannacci? Per ora, il movimento del generale non ha una struttura solida né una base organizzata. Ma se Vannacci riuscirà a strutturarsi, potrebbe sottrarre alla Lega una fetta significativa del suo elettorato, in particolare quello più radicale. E non si tratta solo di ereditare voti: Vannacci ambisce a costruire un movimento capace di catalizzare la frustrazione diffusa e trasformarla in consenso. Se Salvini era “il Capitano”, lui è un vero generale. E ora vuole mettersi al comando del popolo contro i nemici designati: migranti, istituzioni, intellettuali progressisti. Per Salvini, il rischio è quello di essere ricordato come un fenomeno passeggero, l’uomo che ha cavalcato l’onda del populismo senza riuscire a reggere l’urto del cambiamento. Il suo populismo, che una volta sembrava invincibile, oggi appare stanco, svuotato, incapace di rinnovarsi. E, mentre il Capitano si perde nei meandri del potere romano, un nuovo leader marcia deciso verso il centro della scena, con la sua retorica incendiaria e il suo carisma militaresco. È lo specchio di un’Italia inquieta, che vuole risposte semplici a problemi complessi. Ed è sempre alla ricerca di un capo, di un comandante, di un pifferaio magico.