Cose preziose
«Invece di censurare il libri, guardate i vostri social»
Certi ambienti mettono al bando i libri, accusandoli di oscenità perché contengono idee sgradite. Sono gli stessi che poi si scagliano a suon di post contro chi è differente. Forse è lì che sta il cattivo esempio per i giovani
Anche durante questo Festival di Sanremo è andato in scena il rito del commento collettivo sui social: che, come tutti i riti, ha il suo aspetto piacevole e in apparenza unificante, ma scivola molto spesso nello stigma comune, specie verso le cantanti, specie se non giovani e specie se hanno fatto ricorso alla chirurgia plastica. In questi casi, il rito si trasforma in qualcosa che somiglia molto alla Lotteria di Shirley Jackson, anche se il “dagli alla rifatta” viene difeso con il vecchio mantra «il personaggio pubblico sa a cosa va incontro».
Non è esattamente così, e lo disse un paio di anni fa Mike Watson, critico d’arte e dei media, in Memeing of Mark Fisher: «Non possiamo negare che Internet abbia un effetto di orizzontalizzazione. Ma si tratta di un processo intrapreso solo in parte: abbiamo raggiunto un punto in cui tutti potrebbero diventare ricchi e famosi, anche per caso, ma per la maggior parte delle persone questo ancora non avviene. La frustrazione che deriva da questo desiderio irrealizzato, causa risentimento e consente alla destra populista di prosperare». E no, non è esagerato paragonare i commenti sugli zigomi alla destra populista, perché il terreno in cui ci si muove è, purtroppo, lo stesso. Inoltre, questo è un momento storico in cui gli adulti si preoccupano moltissimo per i loro figli adolescenti, minimizzando invece l’esempio che forniscono in prima persona sui social.
Qualche giorno fa, i genitori di alcuni studenti del Liceo scientifico “Amedeo Avogadro” di Roma hanno protestato per l’adozione di due romanzi considerati «osceni», La malnata di Beatrice Salvioni e Il silenzio delle ragazze di Pat Barker, due vicende di ambientazione storica dove si racconta non solo delle prime scoperte sessuali, ma anche di quel che nella Storia avviene (nell’Italia fascista, fra gli Achei che assediano Troia e anche oggi): lo stupro. Ma, in entrambi i casi, senza compiacimento alcuno: probabilmente, una giovane persona sarà molto più traumatizzata dalla lettura del post di mamma che bullizza Patty Pravo.
Si sa, i libri fanno spesso paura. Nel 2016 una famiglia di Carpi chiese il ritiro dalla biblioteca di un classico della letteratura per ragazzi come Ascolta il tuo cuore di Bianca Pitzorno in quanto avrebbe spinto i bambini all’omosessualità. Due anni prima, nel 2014, la condanna cadde su Melania Mazzucco, autrice di Sei come sei, dove la protagonista è figlia di una coppia di omosessuali. Lotta studentesca, l’organizzazione giovanile vicina a Forza Nuova, assediò il liceo romano “Giulio Cesare”, reo di aver adottato il libro. Seguirono esposti, denuncia ai professori per «divulgazione di materiale osceno» e richiesta di bando perpetuo del romanzo dalla scuola pubblica. Sempre in nome della difesa dei ragazzi e delle ragazze.
La cosa preziosa di oggi non può che essere, allora, Dare la vita di Michela Murgia, pubblicato postumo da Rizzoli con la curatela di Alessandro Giammei. Dove, fra le molte altre cose, si indaga su come le relazioni familiari tradizionali possano sfociare e sfocino in meccanismi di controllo senza che gli adulti se ne accorgano, e sul fatto che esercitare un potere attraverso quel controllo è qualcosa che dovrebbe interrogarci. Magari, per una volta, evitando di commentare (male) Sanremo.