Noi e voi
Vietare la cannabis non risolve nulla
Una lettrice di sinistra ci scrive preoccupata per l'eccessivo uso fatto dal figlio. Ma la soluzione agli abusi non è il divieto. Dalla nostra rubrica delle lettere
Cara Rossini,
donna di sinistra da sempre, per la prima volta mi sono scoperta quasi contenta che in questo momento ci sia un governo di destra in Italia. Meloni e gli altri mi danno almeno la sicurezza che non faranno niente di simile a quello che nei giorni scorsi è stato deciso in Germania rispetto alla cannabis, cioè la sua legalizzazione con la conseguente libertà di acquisto e di uso. Ho un figlio di 16 anni che osservo da tempo con preoccupazione perché è evidente che fa un uso smodato di quelli che ai miei tempi si chiamavano spinelli o canne. Ma almeno io fumavo poco e di nascosto ed ero consapevole di fare una cosa sbagliata mentre lui se la ride delle mie preoccupazioni e mi considera una persona di altri tempi. Ho anche l’esperienza del figlio di un’amica distrutto dall’abuso di cannabis che ad anni di distanza ne sconta le conseguenze a livello psichico. Quindi su questo tema non mi vergogno di apparire reazionaria.
Camilla B
La risposta di Stefania Rossini
Non pubblico, come mi ha chiesto, la sua firma per intero, anche se credo che su questioni come queste è sempre meglio parlare apertamente. Dicendo, per esempio, che per quanto riguarda le droghe leggere c’è da tempo una liberalizzazione culturale di fatto e che mantenere un proibizionismo formale è inutile se non dannoso. Per quanto riguarda invece l’abuso e i suoi danni, conosco anch’io giovani vite gravemente danneggiate, ma sono casi rari dove il consumo estremo è un sintomo di problemi più profondi che possono emergere durante l’adolescenza. Ma per riconoscerli e affrontarli non serve a niente diventare reazionari, è invece necessario accompagnare con empatia quell’età difficile imparando a navigare a vista in una continua ginnastica tra dare e trattenere, concedere e negare, spiare e fingere di ignorare, sorvegliare senza punire ispirandosi alla famosa denuncia di Foucault. Fare insomma il normale mestiere di genitore.
Per scriverci stefania.rossini@lespresso.it