Belle Storie

«La Casa delle donne di Roma rischia di chiudere. In nome della logica di mercato»

di Francesca Barra   29 luglio 2024

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Il centro antiviolenza gestito storicamente dall'associazione Lucha y Siesta sarà ristrutturato e riassegnato con un bando pubblico dalla Regione Lazio. Per favorire la competitività. Ma a danno della continuità del servizio

Osteria Sauli sarà il locale che aprirà a Roma nel quartiere Garbatella. L’apertura è diventata una notizia perché fra i nomi dei soci c’è il fumettista Zerocalcare, ma il ristorante ha un obiettivo che vale la pena approfondire: aiutare le donne che fuoriescono dalla violenza, in collaborazione con la Casa delle donne Lucha y Siesta che le ospita (lucha che significa «lotta» in spagnolo e siesta «riposo»).

 

Tuttavia, uno dei centri rifugio più grandi d’Italia, che aiuta le donne a ricominciare a vivere in modo autonomo anche grazie all’inserimento in diversi ambiti lavorativi, rischia di chiudere. La nuova giunta regionale del Lazio presieduta da Francesco Rocca, eletto con il centrodestra, vorrebbe ristrutturare la Casa di accoglienza e riaprire il bando per la gestione. Ha revocato infatti la convenzione approvata nel 2022 dalla giunta precedente, quella di Nicola Zingaretti del Partito Democratico, che assegnava formalmente all’associazione l’uso degli spazi in via Lucio Sestio 10.

 

«Il servizio non verrà interrotto. Operatrici e fruitrici del servizio non possono continuare a stare in quell’immobile perché è fatiscente. La messa in sicurezza è prioritaria. Dopo la ristrutturazione, ci sarà un nuovo bando e le attiviste di Lucha y Siesta vi potranno partecipare, come tutte le altre associazioni. Durante il ripristino, le ospiti della struttura di via Lucio Sestio verranno ricollocate temporaneamente in altre case rifugio e continueranno a essere tutelate», riferisce l’assessora regionale Simona Baldassarre. Si potrebbe mettere in sicurezza e affidare nuovamente il bene a Lucha y Siesta senza passare dal bando, con affidamento diretto, ma l’assessora mi risponde che «procedere con un bando pubblico e competitivo è la modalità più corretta, per garantire tutti. La legalità non è mai contro qualcuno, ma a beneficio di tutti».

 

Si oppongono le attiviste di Lucha y Siesta che fanno sapere che «non c’è alcuna motivazione normativa per impedire l’assegnazione dello stabile alla comunità che da sedici anni lo cura. Esistono, al contrario, leggi regionali come quella sui Beni comuni e quella sui luoghi delle Donne che permetterebbero di affidarci lo stabile in modo assolutamente regolare. Competitività non fa rima con Antiviolenza, per cui invece occorre essere costanti, affidabili, riconoscibili e fuori da logiche di mercato. La Corte dei Conti si è espressa riconoscendo che acquisire l’immobile per affidarlo a Lucha y Siesta è stata una scelta adeguata per l’alto valore sociale costituito dall’esperienza costruita».

 

La struttura che rischia di chiudere ha accolto negli ultimi tredici anni duecento donne e più di settanta minori. L’associazione gestisce anche Casa in fuga, rivolta a donne italiane e straniere, sole o con minori, altri tre centri antiviolenza a Roma e due case di semi-autonomia; organizza poi laboratori permanenti, percorsi di sostegno psicologico, spazi culturali. «L’osteria non è la prima collaborazione perché è da diverso tempo che lavoriamo per l’inserimento e la formazione delle donne che fuoriescono da situazioni di violenza. È una responsabilità sociale chiedersi cosa accada alle donne dopo che si allontanano da situazioni violente. Speriamo che altre realtà possano collaborare con noi nell’ottica di questa responsabilità», spiega l’attivista e psicologa Rachele Damiani.