Editoriale
«Crescita e povertà sono le due facce di un'Italia fatta di contraddizioni»
Il modello di sviluppo che stiamo perseguendo non punta alla qualità. Troppe ombre e disparità. La politica, quindi, deve ridurre le disuguaglianze e promuovere un’economia più sostenibile
Mentre l’Italia si destreggia tra segnali di ripresa economica e ombre sempre più lunghe della povertà, il quadro che emerge è quello di un Paese intrappolato nelle sue contraddizioni.
L’occupazione cresce rispetto all’anno precedente, ma questa crescita avviene principalmente nei settori a bassa produttività, quelli che pagano poco i loro dipendenti e che offrono scarse prospettive di sviluppo. I settori forti, quelli che dovrebbero trainare la crescita e lo sviluppo del Paese, rimangono stagnanti. Questo scenario apre la porta a una riflessione più ampia sul tipo di crescita economica che stiamo perseguendo. Se, da un lato, possiamo rallegrarci per i numeri positivi dell’occupazione, dall’altro, dobbiamo chiederci quale sia il reale valore di questa crescita. La qualità del lavoro è un fattore cruciale per la prosperità di una nazione e non possiamo accontentarci di una crescita che si basa su occupazioni precarie e mal retribuite.
Parallelamente, assistiamo a un inquietante risveglio della povertà. Le testimonianze degli addetti alle mense dei poveri della Caritas sono un monito impietoso: in quattro anni, il numero di pasti gratuiti distribuiti è aumentato del 40%. Un dato drammatico che riflette una realtà ancora più sconvolgente: quasi sei milioni di italiani vivono in condizioni di povertà. Insomma, la povertà è ormai un fenomeno strutturale dell’Italia. Questo non è solo un problema sociale, ma anche un fallimento economico e morale che il Paese non può permettersi di ignorare.
A peggiorare ulteriormente la situazione, le disuguaglianze sociali si acuiscono in molte aree del Paese. Certo, dal Sud arrivano notizie incoraggianti di un aumento del Pil superiore a quello del Nord, ma questo risultato potrebbe essere messo seriamente in discussione dalla minaccia dell’autonomia differenziata. Se applicata, questa misura potrebbe infliggere un duro colpo all’economia meridionale, accentuando ulteriormente le disparità territoriali.
Su tutta questa complessa situazione aleggia lo spettro dell’aumento del debito pubblico. La manovra di bilancio del prossimo autunno si preannuncia molto ardua, con la spada di Damocle del Patto di Stabilità che incombe su ogni decisione economica. Le sfide che ci attendono richiedono una visione coraggiosa e innovativa, capace di coniugare rigore finanziario e giustizia sociale.
In questo contesto, è fondamentale che la politica e le istituzioni siano all’altezza della situazione. È necessario un intervento deciso che punti a ridurre le disuguaglianze e a promuovere un’economia più inclusiva e sostenibile. Le risorse devono essere allocate in modo da favorire non solo la crescita quantitativa, ma anche quella qualitativa, investendo in settori ad alta produttività e incentivando la formazione e l’innovazione. L’Italia delle contraddizioni può e deve trasformarsi in un’Italia delle opportunità. Ma, per farlo, è indispensabile affrontare con decisione i nodi irrisolti della nostra economia e della nostra società. Solo così potremo costruire un futuro più equo e prospero per tutti.