Belle storie
Asia Argento: «L'Italia non era pronta per il Me too. Sono una sopravvissuta, ma la mia denuncia ci ha rese tutte più forti»
Tre anni di sobrietà, una serenità raggiunta, il piacere di essere madre. L'attrice al suo quarto film da regista, si racconta. Tra rimorsi, rimpianti e traguardi
Asia Argento è un’attrice pluripremiata di fama internazionale, regista e musicista. Ha da poco condiviso la notizia della sua sobrietà da tre anni, un traguardo importante e un impegno quotidiano.
«Gli alcolisti anonimi insegnano a vivere l’oggi. Oggi, solo per oggi, io sono una persona serena, lavoro attivamente per questo perché non ho una predisposizione naturale per la serenità. Ho avuto grandi successi, ma molto giovane ed è un miracolo che sia sopravvissuta. Ho provato la sindrome dell’impostore, avevo il terrore di perdere tutto quello che avevo ottenuto. Nessuna vetta che raggiungevo mi bastava, creava una distanza fra me e i miei coetanei che vivevano una vita normale, mentre io viaggiavo, lavoravo e avevo smesso di frequentare il liceo. Oggi le priorità sono cambiate e il lavoro di cui sono più orgogliosa è essere madre, quello che mi è uscito meglio. I miei figli Anna Lou e Nicola sono incredibili: profondi, educati, sensibili. Sono anche fiera deI miei film da regista, sto finendo il quarto».
Bambina prodigio, da quarant’anni fa l’attrice, mestiere di cui si è innamorata, disamorata, pur essendo la sua grande costanza della vita.
«Desidero una mia vita semplice: coltivare le poche amicizie che ho, stare con i miei figli, lavorare alla mia sobrietà e sul rimorso (per non sentire il morso) perché insieme al risentimento sono nemici della crescita personale. Perdonarsi e perdonare è fondamentale per non rimanere bloccati».
Fra i suoi rimorsi più dolorosi, c’è sicuramente la morte del suo compagno Anthony Bourdain, chef e scrittore statunitense, morto suicida. «Talmente doloroso che quasi non riesco a parlarne. Un altro rimorso è non aver fatto prima un lavoro su me stessa per vivere meglio. Sentivo questo bisogno fin da quando ero piccola, perché provavo un vuoto, colmato con il tempo con le dipendenze: sentimenti, relazioni, cibo, droghe. Ho il rimorso di non aver trovato prima una soluzione che lo riempisse. Questa storia però è a lieto fine. Da tre anni sto meglio. Mi vergogno di atteggiamenti passati aggressivi perché ero irrisolta, piena di paure. Lavorando in sobrietà non mi sento in pericolo».
Figlia d’arte (del regista Dario Argento e dall’attrice Daria Nicolodi) ha avuto una vita privata tormentata, icona coraggiosa del movimento Me Too è stata fra le prime attrici che nel 2017 hanno accusato pubblicamente il produttore americano Harvey Weinstein per molestie sessuali. Eppure nel nostro Paese è diventata un bersaglio.
«Nessuno mi chiamava più per lavorare, mi insultavano e ho dovuto accettare anche dei compromessi per sopravvivere. L’Italia forse non era pronta per il vaso di Pandora, le donne stesse, anche se una su tre ha vissuto queste molestie, avevano interiorizzato una misoginia senza rendersene conto. Le ho perdonate perché per me ci sono voluti venti anni per ammettere cose così terribili. La vergogna che dovrebbe provare il maiale, la prova la vittima. Ero fragile spiritualmente, fisicamente, ero talmente sconvolta che quando sono arrivate queste critiche come “prostituta”, volevo morire e Anthony mi stringeva per rassicurarmi. Sono una sopravvissuta e questa denuncia ha reso tutti più forti e questo è servito alle generazioni dell’età di mia figlia. Oggi per la sua generazione sarà scontato parlarne. Solo per questo ne è valsa la pena».