Personaggi e interpreti

«La destra protegge i balneari. Ma è stata la sinistra a regalare loro le spiagge»

di Sebastiano Messina   19 agosto 2024

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Mentre si sospetta che la "serrata" dei lidi sia stata insufflata dal governo per giustificare l'ennesima proroga, occorre ricordare che le maggiori concessioni si concentrano nelle Regioni "rosse"

Quella delle concessioni delle spiagge è la vicenda che racconta meglio di qualunque discorso la capacità italiana di difendere a oltranza - a dispetto delle norme, delle sentenze e del senso comune di giustizia - una categoria privilegiata sulla quale un pezzo della politica ha deciso di stendere la sua ala protettrice.

 

L’ultimo atto di questa sceneggiata che dura ormai da 18 anni è andato in scena ai primi di agosto, quando i balneari hanno chiuso i lidi, ma solo per un paio d’ore e la mattina presto, cioè quando ancora il grosso della clientela non era ancora arrivato. Non uno sciopero, come qualcuno ha frettolosamente scritto, ma una serrata. O meglio - vista la durata - una serratina. Indetta ufficialmente contro il governo Meloni, accusato nientemeno che di tradimento per non aver mantenuto la promessa di bloccare le gare per le concessioni che da tempo immemorabile loro si tramandano di padre in figlio.

 

Dopodiché, prima che fossero passate quarantott’ore, si è scoperto che il governo - il presunto traditore - aveva già preparato la bozza di decreto che permetterebbe di aggirare le regole europee e le sentenze del Consiglio di Stato: con il pretesto di rifare ancora una volta la mappatura delle spiagge, le concessioni sarebbero prorogate di altri cinque anni, fino al 31 dicembre 2029. La tempestività con cui è stata fatta filtrare la bozza autorizza persino il sospetto che la protesta dei balneari sia stata suggerita dal governo, in modo da avere un ottimo pretesto - la rivolta della categoria - per varare l’ennesima proroga.

 

Questa storia è intrigante perché contiene due misteri. Il primo riguarda il centrodestra. Cosa spinge Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia a continuare a difendere concessionari dei lidi - che sono solo seimila, un millesimo della popolazione italiana - sfidando l’Unione europea che dal 2006 ci chiede di rispettare la direttiva Bolkestein sulla concorrenza, fingendo di non sentire le bacchettate del presidente della Repubblica e ignorando le sentenze del Consiglio di Stato, che già aveva dichiarato illegittima l’ultima proroga?

 

Per quale motivo questi tre partiti si battono con tutte le loro forze da 18 anni, prima in Parlamento e ora al governo, per proteggere come se fossero una casta questi imprenditori con l’incasso assicurato che ogni anno versano allo Stato la cifra irrisoria di 115 milioni per le loro concessioni e dichiarano al fisco un reddito medio di 26 mila euro l’anno, recintando come proprietà private quasi la metà delle spiagge italiane e arrivando a chiedere 696 euro al giorno per un gazebo in prima fila al Beach Club di Pescoluse (nel Salento) e 600 euro per una “tenda araba” al Twiga di Briatore a Forte dei Marmi?

 

Il secondo mistero riguarda la sinistra e gli ambientalisti. Che negli ultimi trent’anni sono stati a lungo al governo, e dunque avrebbero avuto tutto il tempo di far approvare una legge come quella che la Francia ha adottato nel 2006: in ogni Comune almeno l’80 per cento delle spiagge devono essere pubbliche. Il centrosinistra non ha neanche provato a combattere questa battaglia. Non solo: i Comuni italiani che hanno concesso ai privati la maggior quantità di spiagge sono proprio in Toscana e in Emilia-Romagna, le due Regioni rosse: Rimini con il 91 per cento, Forte dei Marmi con il 93, Pietrasanta con il 97 e Camaiore con il 98. Dunque la destra protegge i balneari, ma è la sinistra che ha consegnato loro le spiagge. Non è un intrigo avvincente?