Opinioni
1 ottobre, 2025Al posto del Green new deal, il Parlamento europeo ha approvato un piano Nato da 800 miliardi
"Le armi o la vita!”. È il titolo dell’assemblea dei movimenti per la giustizia ambientale e sociale, che si sono dati appuntamento a Roma lo scorso 8 settembre alla Casa della Solidarietà Stefano Rodotà. A due mesi dalla prossima Cop30, la conferenza internazionale sul clima in Brasile, i movimenti denunciano l’incapacità del governo Meloni di mantenere gli impegni presi a livello internazionale per ridurre le emissioni di CO2 e la totale assenza di politiche di adattamento adeguate. Sono le mamme No Pfas, i movimenti della Val di Susa, i comitati contro il ponte sullo Stretto, Peace Link e giustizia per Taranto, i Comitati contro il megainceneritore di Santa Palomba, la Rete dei Numeri Pari, la Campagna StopRearm Europe, i Comitati dei Tavoli del Porto di Fiumicino, l’Arci, la Rete No dl Sicurezza, Emmaus Italia, Oxfam Italia, Unione Inquilini, i Comitati contro le grandi navi a Chioggia, i Comitati di Milano e tanti altri. Nel silenzio della politica hanno avanzato proposte concrete, consapevoli dell’urgenza imposta dalla più grave minaccia per l’umanità: il collasso climatico.
Nonostante gli impegni previsti dall’accordo di Parigi del 2015 di mantenere l’aumento della temperatura entro +1,5° in questo secolo, già oggi siamo a +1,7°. Da tempo, scienza e Nazioni Unite denunciano come gli obiettivi firmati da 197 Paesi alla Cop21 di Parigi non siano stati raggiunti. Aumentano le emissioni di CO2, il consumo di energia, la quantità di materie prime estratte dalla Terra e diminuisce la biodiversità. Nessuna decarbonizzazione in vista del 2030, nessun supporto finanziario e tecnologico efficace verso i Paesi del Sud del mondo. Mentre finiamo le risorse sempre prima, aumentando il nostro deficit ecologico.
Al posto del Green new deal che doveva promuovere sostenibilità ambientale e sociale, a marzo il Parlamento europeo ha approvato un piano di riarmo da 800 miliardi con le solite complicità bipartisan di chi invoca lo spirito di Ventotene mentre vota con le destre per le armi. Siamo passati dalla svolta verde all’abisso nero. Quello in cui vorrebbe affogarci la Nato, che ha chiesto agli Stati alleati di aumentare la spesa per armi dal 2 al 5 per cento del Pil nazionale. Pretesa a cui il governo Meloni ha risposto “obbedisco”, impegnandosi a sottrarre dalle tasche degli italiani altri 70 miliardi di euro all’anno per 10 anni da destinare all’impresa della guerra. Soldi che ovviamente saranno tagliati a istruzione, politiche sociali, lavoro, sanità, bonifiche ambientali.
In un Paese che è tra i più impoveriti d’Europa, il quinto per accelerazione del degrado ambientale ed ecologico, non possiamo accettare che le risorse pubbliche vengano sprecate per armi e guerre, mentre il modello economico estrattivo che ha prodotto la crisi socio-ambientale non viene minimamente messo in discussione.
In Italia se vogliamo raggiungere gli obiettivi indicati per il 2030 e il 2050 dalla scienza e dalle agenzie delle Nazioni Unite c’è bisogno di investire mille miliardi in 10 anni per la riconversione ecologica delle attività produttive e della filiera energetica. Riconversione, non transizione, che deve essere pianificata (pubblica), inclusiva (con i lavoratori e le lavoratrici), equa (la devono pagare i ricchi attraverso la fiscalità generale), partecipata (devono essere coinvolte le comunità, i movimenti e i saperi locali), decentrata. Siamo a un bivio, da una parte riconversione ecologica e pace e dall’altra tecnocapitalismo e guerra. Facciamo Eco!
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Governati dall'Ia - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 26 settembre, è disponibile in edicola e in app