Opinioni
13 novembre, 2025Nel gioco di scomodare Pasolini e Murgia, si dimenticano i vivi, le voci critiche e gli orrori del presente
In quel delizioso e perfido capolavoro che è "Il giornalino di Gian Burrasca", l’autore, Vamba, inserisce una seduta spiritica. A essere evocato è il compianto Pierpaolo Pierpaoli, zio della terribile direttrice del collegio, Gertrude. Chi ha letto il romanzo sa che Giannino Stoppani, ritagliati due buchi in corrispondenza degli occhi del dipinto che ritrae lo zio, ne simula l’apparizione per punire i misfatti di Gertrude medesima.
Ecco, di questi tempi verrebbe voglia di ripetere la beffa appostandosi dietro il ritratto di un altro Pierpaolo, evidentemente Pasolini, che da sempre viene evocato molto spesso a sproposito e assai di più nel cinquantenario della sua morte cercando i suoi eredi, dal momento che non ci si rassegna all’idea che forse bisognerebbe guardarsi intorno alla ricerca di voci che raccontino quel che ci accade magari in altre forme ma con la stessa passione. Avviene altrettanto con un’altra intellettuale scomparsa assai più di recente, Michela Murgia, che nei giorni scorsi è stata chiamata in causa ancora più spesso, e non per motivi nobili. Entrare nel merito delle famigerate chat fra un gruppo di persone (di cui vengono citate solo le donne, e non i due uomini, chissà come mai) non è la cosa migliore da fare, perché si rischia di ripetere il meccanismo che ha portato alla nascita di quelle chat dove si discute di chi additare alla rampogna dei social, abusando così dello stesso potere che si condanna quando si parla dei mali cui conduce la visibilità in rete. Verrebbe da dire, i freaks sotto lo stesso tendone, ma non ce ne accorgiamo quasi mai.
Ecco, potendo nascondersi dietro il ritratto di Michela Murgia per rampognare chi la evoca a sproposito, bisognerebbe dire che sia le e gli influencer che hanno sparlato di lei sia coloro che si sono indignati in suo nome fanno la stessa cosa, ovvero usano un potere piccolo o grande per attaccare qualcuno altro. E dal momento che a Michela Murgia piaceva Tolkien e piaceva Game of Thrones, bisognerebbe ricordare che il potere corrompe sempre, come l’Unico Anello ha corrotto, infine, Frodo e come il Trono di Spade ha corrotto Daenerys Targaryen, e che il solo modo per salvarsi è bruciare ogni simbolo di quel potere. Potendo, fingendoci Giannino Stoppani dietro quei ritratti, bisognerebbe domandare dunque a chi ha trascorso gli ultimi giorni a chiedersi dove sono gli eredi di Pasolini e cosa avrebbe detto Murgia dei femminismi di Instagram e dove finiremo signora mia, se magari si sono accorti che nel frattempo è stato rinnovato in automatico il memorandum tra Italia e Libia del 2017, con la con- seguente repressione delle partenze dei migranti e con la agghiacciante persistenza dei lager. Quasi in silenzio, perché si era occupati a discutere di altro. Si potrebbe anche ricordare che sempre nella generale disattenzione un sindaco, il primo cittadino di Trieste Roberto Dipiazza, ha nei fatti dichiarato uno scrittore persona sgradita, revocando l’invito a Wu Ming 4 per parlare di Tolkien dal momento che era stato cri- tico verso la mostra in corso nella sua città. Pazienza.
Per questo, la cosa preziosa di oggi è "Qualcosa là fuori", un’antologia di New Black Horror che esce per Sellerio nella traduzione di Luca Briasco, a cura di Jordan Peele e John Joseph Adams. Diciannove racconti che ci mettono sotto gli occhi gli orrori del presente, e pure i nostri, di cui non ci accorgiamo mai.
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