Opinioni
5 novembre, 2025I tre carabinieri morti a Castel D’Azzano sono stati mandati allo sbaraglio. Meritano verità
Al funerale dei tre carabinieri morti a Castel D’Azzano, in provincia di Verona, alla presenza delle più alte cariche dello Stato, dal presidente Mattarella alla presidente del Consiglio Meloni, il ministro della Difesa Crosetto ha proclamato con commozione che i loro nomi resteranno scolpiti nella roccia della memoria del Paese. È una bella immagine per me che da bambino ho ascoltato Stelutis alpinis, il canto friulano degli alpini, morti eroicamente in montagna, ma obbliga a porsi degli interrogativi rispetto al paragone con i caduti di Nassiriya.
A me è venuta in mente invece una strage dimenticata, quella di Peteano avvenuta il 31 maggio del 1972 a opera di un gruppo neofascista, in cui furono uccisi tre carabinieri e due rimasero feriti. Lo Stato cercò di depistare la natura dell’attentato additando come responsabile Lotta Continua; per fortuna Marco Boato svelò un grave momento della strategia della tensione.
Che cosa non convince nella rappresentazione offerta dalle istituzioni, dai TG e dalla stampa della strage di Castel D’Azzano? In primo luogo, la dinamica dell’azione per lo sgombero di tre persone conosciute da tempo dal Comune per una condizione di vita emarginata, con le loro vacche nella cascina, senza luce e senza gas. L’operazione è stata condotta di notte con un dispiegamento esorbitante di decine di carabinieri come se si trattasse dell’assalto a una sede di un gruppo terroristico. Chi ha immaginato questa modalità? Non sarebbe stato più sensato andare al mattino, armati di megafono e supportati da psicologi e assistenti sociali per convincere i due fratelli e la sorella a uscire dalle stanze dove erano asserragliati? Per vincere la loro resistenza, legata a una forma di psicosi di persecuzione, si sarebbe potuto semmai agire con idranti e lacrimogeni o altri mezzi non letali.
Invece sono stati mandati allo sbaraglio militari esperti (con addirittura tredici feriti, oltre ai tre morti), senza evidentemente valutare i rischi dello scoppio delle bombole di gas predisposte da parte di soggetti disturbati per la difesa del loro mondo minacciato e perduto. Risulta ora troppo comodo e ipocrita avvolgere le bare nelle bandiere e ricordare con parole toccanti le vite stroncate, evitando di affrontare le responsabilità e di farsi le doverose domande. Non solo sulla gestione dello sfratto, ma sulle cause che hanno portato una famiglia di onesti lavoratori a sentirsi perseguitata e trovarsi depredata dei loro averi e della loro vita.
Valerio Daprà, Davide Bernardello e Marco Piffaro meritano giustizia e verità. Non credo stravagante pensare che si sia diffuso uno spirito bellico anche nelle funzioni di ordine pubblico. Pensiamo anche ai tanti morti per l’uso del taser. Logiche e leggi di “sicurezza” possono uccidere. Le scelte politiche e legislative che portano all’aumento di sgomberi e sfratti, spesso anche nel caso di morosità incolpevole, provocano conflitti e tragedie, come è accaduto recentemente con un suicidio a Sesto San Giovanni. Non è, allora, consolatorio e sufficiente recitare la litania delle vittime del dovere. In ogni caso non ci si può esimere dal farsi domande e dal ricercare responsabilità. Una lezione appare lampante: le prove di forza verso i deboli e lo spirito di odio verso i diversi producono una società incattivita e disumana. Fermiamoci finché siamo in tempo.
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Divide et impera - cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 14 novembre, è disponibile in edicola e in app


