Opinioni
10 dicembre, 2025Orgogliosamente trasversale e comprensibile ad ogni livello, è esperienza intrinsecamente collettiva, la preparazione e il consumo del pasto riti di condivisione e incontro, tra familiari e amici, come tra culture. Una cucina dell’armonia a tutto tondo, anche di quella che s’indovina tra uomo e ambiente
È un giorno importante per la nostra Cucina Italiana, la cucina delle emozioni, delle relazioni e del dialogo, vettore di memoria, conoscenza e cura, la cucina della scelta consapevole delle materie prime, quella dell’ingegno e della fantasia che custodisce e tramanda storie di famiglia, comunità e territori. Ma facciamo un piccolo passo indietro. Non è in virtù delle singole ricette, delle specialità gastronomiche celebri nel mondo e nemmeno dei prodotti made in Italy; il riconoscimento da parte dell’Unesco della Cucina Italiana come Patrimonio Immateriale dell'Umanità si lega, consacrandolo a livello internazionale, al significato antropologico, quello più profondo, che nella tradizione italiana riveste l’atto di cucinare, il modo di concepire, di interpretare e di approcciarsi al cibo. Riguarda quell’inestimabile savoir-faire, quell’eredità di saperi e gestualità in cui la nostra cucina affonda le proprie radici e da cui, con cui, si è evoluta nel tempo, tramandata di generazione in generazione, andando a scolpire alcuni dei tratti più rappresentativi della nostra identità socioculturale, della nostra italianità.
Alla proposta di candidatura, promossa nel 2020 da Maddalena Fossati Dondero, direttrice de La Cucina Italiana, è seguito un lungo percorso che ha visto il coinvolgimento e beneficiato del supporto attivo di importanti associazioni, esimi professionisti e delle istituzioni, a cominciare dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e dal Ministro della Cultura Alessandro Giuli. La nostra è la prima cucina nazionale al mondo a ricevere questo onore, la tutela cioè non di una pratica puntuale, ma di un intero movimento gastronomico che nel caso italiano coincide anche con la più intima espressione culturale di un popolo, giacché la cucina è da sempre stata percepita e praticata, da noi italiani, alla luce di un sentire, di un fare, che persino dinnanzi alla fame comunque travalicava la pura necessità di sostentamento, incarnando un complesso, vivo e dinamico aggregato di riti e retaggi familiari, comunitari, sostenuto dall’apertura verso ogni tipo di risorsa disponibile e dalla perspicacia nel saperla valorizzare nel migliore dei modi, realizzando un’ineguagliabile fusione tra abitudini culinarie, un vibrante multiculturalismo gastronomico.
Perché la Cucina Italiana è questo, palpitante contaminazione, un corpus mai statico in cui tradizioni gastronomiche locali si combinano e vivificano reciprocamente in flussi mai interrotti, stratificandosi, sviluppandosi da quegli spunti sociali e culturali che molto raccontano dei diversi contesti storici che hanno interessato il nostro Paese; non una mera risultante di tante micro-culture culinarie, piuttosto un capolavoro musivo in cui ogni tessera è imprescindibile alla sua composizione. Nell’Italia storicamente vocata alla mescolanza di genti, saperi e valori, anche alimentari, è proprio lo spirito di inclusione, scaturito dal confronto e dallo scambio, a sottendere alla sua cucina; una condivisione tanto orizzontale quanto verticale, è stato ben evidenziato da illustri storici come nella nostra esperienza la cucina destinata alle classi più agiate, sia essa quella aristocratica delle tavole rinascimentali o quella borghese dell’Ottocento, abbia sempre mostrato, e conservato, un connaturato legame con la cultura popolare e contadina da cui, non di rado, le migliori specialità, benché ingentilite e nobilitate, originavano; ecco che allora, nondimeno, questo importante riconoscimento premia una cucina virtuosamente rappresentativa anche dell’incontro di categorie sociali eterogenee, delle rispettive esperienze, delle differenti idee e conoscenze che hanno contribuito a costruirne la ricchezza e l’unicità nel corso del tempo: la Cucina Italiana, orgogliosamente trasversale e comprensibile ad ogni livello, è esperienza intrinsecamente collettiva, la preparazione e il consumo del pasto riti di condivisione e incontro, tra familiari e amici, come tra culture. Una cucina dell’armonia a tutto tondo, anche di quella che s’indovina tra uomo e ambiente.
Giova ricordare che il dossier presentato a supporto della candidatura, curato da due luminari, Massimo Montanari (tra i più autorevoli storici italiani, fondatore all’università di Bologna del Master in Storia e cultura dell’alimentazione) e Pier Luigi Petrillo (direttore cattedra Unesco UnitelmaSapienza, professore di Cultural Heritage alla Luiss Guido Carli e autore di ogni candidatura all’Unesco connessa all’agro-alimentare) condensa nel suo titolo, “La cucina italiana fra sostenibilità e diversità bioculturale”, le virtù emblematiche della nostra tradizione gastronomica. La sostenibilità, concetto moderno e quanto mai, oggi, ampiamente rielaborato anche nei contesti dell’alta cucina poiché inderogabile, che da sempre si manifesta ad essa immanente riverberando nella valorizzazione delle produzioni locali e dei produttori artigianali, in quella cucina del recupero che rimanda a pratiche ancestrali - nonché per tante decadi quotidiane - di innumerevoli famiglie italiane, prevedendo il riuso ingegnoso di scarti e avanzi, nell’indissolubile legame tra cibo, stagioni e territorio che, nonostante il progresso e le opportunità da esso offerte, è sempre rimasto determinante e distintivo. Il concetto di “diversità bioculturale”, poi, perfeziona le precedenti riflessioni, poiché è da intendere non soltanto in senso empirico, riferito alle materie prime e alle risorse del territorio, ma anche nel più ampio significato di conoscenze e valori; la “diversità” si riallaccia ai differenti approcci, gusti, usanze, da cui, tradizionalmente, i grandi e piccoli cuochi d’Italia hanno elaborato le più svariate invenzioni culinarie: in una dispensa naturale di incredibile generosità e varietà come è il nostro Belpaese, ancor più che degli ingredienti, la grande magia della nostra cucina è il suo essere figlia dell’estro e della gioia della convivialità, dei saperi trasmessi di madre in figlio, dei costumi e delle tradizioni propri di ogni territorio.
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