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Donald prepara bastone e carota per le Big Tech

La Casa Bianca appare amica dei colossi della Silicon Valley. Ma i rapporti non saranno così semplici

Uno degli aspetti ancora sconosciuti di Trumplandia riguarda le politiche che la nuova amministrazione americana realizzerà rispetto alle Big Tech, i supercolossi digitali che dominano il mondo delle informazioni e delle comunicazioni. Da un lato la presenza massiccia dei vertici delle Big Tech all’inaugurazione di Trump (Zuckerberg di Meta, Bezos di Amazon, Pichai di Google, Cook di Apple) e il ruolo prominente di Elon Musk nella nuova amministrazione suggeriscono un rapporto di pericolosa vicinanza tra potere politico e potere economico-comunicativo. Dall’altra alcune nomine fatte da Trump suggerirebbero invece una relazione meno facile. Trump ha nominato Gail Slater, che non sembra sia molto amata delle Big Tech, a capo della Divisione Antitrust del Dipartimento della Giustizia; e Andrew Ferguson si è insediato come capo della Federal Trade Commission, le cui credenziali some difensore della concorrenza sono rispettabili. Lo stesso Trump, il giorno della nomina di Slater ha dichiarato: «Big Tech si è scatenata per anni, soffocando la concorrenza nel nostro settore più innovativo e, come tutti sappiamo, usando il suo potere di mercato per reprimere i diritti di tanti americani, così come quelli di Little Tech!». Che farà dunque?

 

Partiamo da dove ci aveva lasciato Biden. Dopo lo smembramento di AT&T nel 1982 e il fallimento dell’iniziativa presa all’inizio di questo secolo per spezzare in due Microsoft, le azioni contro i colossi del business si erano affievolite. Negli ultimi decenni nessuno smebramento è stato più realizzato, nessuna multa è mai stata comminata alle Big Tech negli Stati Uniti e nessuna acquisizione da parte di queste è stata mai bloccata. Con Biden il Dipartimento della Giustizia aveva intrapreso diverse procedure legali contro Amazon, Microsoft, Google, Facebook e Apple; e i Democratici avevano promosso la presentazione di cinque leggi per limitarne il potere di mercato, leggi che avrebbero costituito il più importante rafforzamento delle norme anti-monopolio da più di un secolo.

 

Ma torniamo a Trump. Durante la sua prima amministrazione il Dipartimento della Giustizia non era rimasto inerte: anche se non in misura intensa come nel caso di Biden, cause legali erano state intentate ad alcune delle Big Tech. Credo che Trump non mollerà completamente la presa. Non gli converrebbe. Perché dare gratis quello che potrebbe invece rendergli qualcosa? La cosa più probabile, quindi, è che continuerà a mantenere una certa pressione sul settore, ma senza esagerare. È del tutto improbabile che compia mosse decisive, come lo smembramento forzato delle Big Tech o il blocco di certe loro acquisizioni: equivarrebbe a strozzare le galline dalle uova d’oro. Gli conviene tenerle un poco sotto pressione ottenendo in cambio disponibilità finanziarie per le campagne elettorali, allineamento ideologico (le Big Tech sembrano essersi prontamente adeguate al nuovo corso con la cancellazione di programmi percepiti come woke) e magari sostegni mediatici alle sue politiche. Se così fosse, dovremmo preoccuparci. Biden stesso nel suo discorso di commiato ha sottolineato i rischi per la democrazia di quello che lui ha chiamato il “complesso tecno- industriale”. Nell’era dell’Intelligenza Artificiale l’alleanza tra potere politico e il potere dalle Big Tech dovrebbe preoccuparci non poco.

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