Le motivazioni addotte dal Governo a giustificazione di una modifica della Costituzione di così vasta portata sono state più volte ribadite dal ministro della Giustizia. Per Carlo Nordio, la riforma consentirà al giudice di godere di maggiore libertà rispetto ad oggi, quando “il pubblico ministero nei consigli giudiziari e anche al Csm dà i voti al giudice davanti al quale va a perorare una causa”, cosa “irrazionale in qualsiasi Paese del mondo”. Inoltre, la separazione delle carriere limiterebbe lo strapotere dei pubblici ministeri, definiti “super poliziotti” che “hanno un potere immenso senza controllo”, dichiarazioni sempre di Nordio.
Il presunto “strapotere” dei pubblici ministeri
Per porre rimedio a questa situazione, apparentemente l’unica motivazione della riforma, si è scelto di stravolgere il sistema costituzionale, procedendo alla separazione della carriera giudicante da quella requirente, prevedendo l’introduzione di una Alta corte per la valutazione delle violazioni disciplinari dei magistrati, da individuarsi in seguito con legge ordinaria e prevedendo due distinti Consigli superiori, uno per i magistrati giudicanti e l’altro per quelli requirenti. I 7 articoli della riforma costituzionale pongono vari interrogativi, a cominciare dalla congruità della riforma allo scopo tanto sbandierato di limitare lo “strapotere” dei pubblici ministeri.
Il primo rilievo da fare riguarda proprio il ruolo del pubblico ministero e i suoi “poteri”. Attualmente l’organico dei pubblici ministeri è composto da circa 2000 sostituti procuratori. Al vertice degli uffici requirenti c’è il procuratore generale presso la Corte di cassazione e, a scendere, 25 procuratori generali presso le Corti d’appello e 118 procuratori della Repubblica. Sin dal 2006, i pubblici ministeri sono caratterizzati, rispetto ai giudici, dall’essere organizzati in un assetto gerarchico, in quanto è il procuratore della Repubblica il titolare dell’ufficio della pubblica accusa, che ha un potere sovraordinato rispetto al sostituto procuratore (ossia al singolo pubblico ministero). Questa parte dell’ordinamento giudiziario non è toccata dalla riforma, come non è toccato dalla legge costituzionale l’art. 109 della Costituzione, che prevede che “L'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria” e l’art. 112 che stabilisce per il pubblico ministero l’obbligo di esercitare l’azione penale. È evidente che, in questo contesto legislativo e costituzionale non toccato dalla riforma in discussione, avremmo un nucleo di magistrati, quelli requirenti, dotati di poteri e di mezzi amplissimi in quanto dispongono della Polizia Giudiziaria, il cui intervento è motivato da quel principio di civiltà giuridica che è quello dell’obbligatorietà dell’azione penale. Non è vero, proprio per queste ragioni, che la riforma favorisca la parità tra accusa e difesa, perché mai gli avvocati potranno avere gli stessi mezzi dei pubblici ministeri, non disponendo della polizia giudiziaria.
La priorità è un'altra: giustizia certa in tempi rapidi
D’altra parte, il ruolo della magistratura requirente non si può abolire perché ad essa sono riservate una serie di scelte, a partire dall’esercizio dell’azione penale, che presuppongono conoscenze tecniche e giuridiche specifiche, proprie dei magistrati (tutti, senza distinzione tra giudici e pubblici ministeri), tanto è vero che il primo comma dell’art. 106 della Costituzione, non toccato dalla riforma, prevede che “le nomine dei magistrati avvengono per concorso”. La stessa legge di riforma, d’altra parte, prevede una modifica dell’art. 106 della Costituzione che riguarda la nomina dei magistrati in Cassazione, nel senso che alla Suprema corte possano essere nominati dal Consiglio superiore – non si specifica quale - “magistrati appartenenti alla magistratura requirente con almeno quindici anni di esercizio delle funzioni”. Questa norma ha un senso solo sul presupposto della comune cultura della giurisdizione tra magistrati giudicanti e requirenti. Infine, già ora il giudice esercita un controllo costante sull’attività del pubblico ministero e spetta a lui ogni decisione sul procedimento, a cominciare dalle richieste per l’acquisizione delle prove. Veramente si può sostenere, in buona fede, che la presenza in un unico Csm. di pubblici ministeri e giudici e la possibilità che i primi “diano i voti” all’operato dei secondi costituisca un condizionamento tale da asservire il magistrato giudicante a quello requirente? Nell’attuale Csm. è proprio la possibilità che l’attività di giudici e pubblici ministeri sia valutata da un unico organo che costituisce la garanzia della necessaria obiettività di valutazione. Due Consigli superiori distinti sarebbero due strutture inevitabilmente prive della obiettività di valutazione, non garantita dal sistema dell’elezione dei membri (sul quale pure ci sarebbe molto da dire a cominciare dalla eccezionalità di questo sistema riservato alla magistratura ordinaria a differenza delle altre, per le quali continua ad esistere il sistema vigente). Ma c’è di più: saranno i pubblici ministeri a nominare i vertici delle procure gerarchicamente sovraordinati ai singoli sostituti e a decidere le forme di esercizio del potere degli stessi vertici. Insomma, la riforma favorisce solo lo smembramento della magistratura, senza alcun effetto diretto sulle aspettative dei cittadini, che chiedono giustizia certa ed in tempi rapidi e con la pericolosa creazione di un centro di potere, questo veramente autoreferenziale, nell’ufficio del pubblico ministero.
Meno garanzie
Inevitabile, a questo punto, è il rilievo che riguarda la creazione dell’Alta corte che dovrebbe giudicare sulle violazioni disciplinari dei magistrati, anche questa unica e prevista solo per la magistratura ordinaria. A prescindere dal fatto che manca, allo stato, una normativa che specifichi i comportamenti che costituiscono infrazione disciplinare, è la stessa composizione della Corte che fa riflettere perché cambia totalmente la proporzione nell’organo disciplinare diminuendo le garanzie dei giudicanti in quanto su 15 componenti della Corte, 6 saranno laici e 3 pubblici ministeri ed è prevista la totale eliminazione dei giudici nell’impugnazione delle sanzioni che vengono sottratte alle Sezioni unite della Cassazione.