Questa settimana apriamo la sezione Cultura de L’Espresso con un’intervista a Peter Sloterdijk, autorevole filosofo tedesco che, nel suo ultimo libro “Il Continente senza qualità”, riflette sull’essere europei e sulla crisi di identità dell’Europa.
Tema attualissimo alla luce delle recenti vicende politiche, economiche e geopolitiche che in queste settimane ci toccano da vicino. Non ultima lo schiaffo morale di Trump a Zelensky con le divisioni e le debolezze che hanno contraddistinto le reazioni dei Paesi del Vecchio Continente all’arroganza senza precedenti del nuovo inquilino della Casa Bianca.
La risposta di Sloterdijk è un’analisi spietata che pone domande cruciali sul futuro dell’Europa, oggi epicentro di una crisi identitaria profonda, aggravata dalle tensioni generate dalla guerra in Ucraina. Le mire espansionistiche della Russia di Putin hanno messo a nudo le fragilità strutturali di un’Europa che, nonostante il lungo cammino verso l’Unione, fatica a trovare una voce unica e soprattutto una forma di difesa unica. L’idea di un’Europa unita appare in questo momento un’illusione sfuggente: le divergenze tra gli Stati membri risaltano in modo drammatico confermando la mancanza di una strategia comune.
In questo contesto, le decisioni del nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, aggiungono ulteriori complicazioni. Le sue dichiarazioni e le sue scelte politiche, come quella di sospendere gli aiuti militari all’Ucraina, stanno sconvolgendo gli equilibri internazionali, con toni che evocano il caos piuttosto che la stabilità. La lingua di Trump, spesso diretta e provocatoria, sembra volutamente intercettare una frustrazione profonda che attraversa le democrazie occidentali.
Quella che un tempo era considerata una forza dell’Unione Europea, ovvero la capacità di dialogare e trovare soluzioni unitarie, oggi sembra svanita, insidiata dai nazionalismi che tornano prepotentemente a galla, spinti – dice Sloterdijk – da reazioni fobiche, spiegando che «l’alternativa oggi è a destra, perché lì si concentra la protesta contro chi è stato al potere. A sinistra si vota per i programmi umanitari; a destra per mera entropia negativa».
Analisi spietata che parte da lontano, dall’influenza culturale dell’impero Romano, attraversa il paradigma della meritocrazia incarnato dal Petrarca per arrivare, attraverso i secoli, all’aristocrazia dello spirito teorizzata da Thomas Mann. Ma innumerevoli sono gli intellettuali chiamati dal filosofo a interpretare la crisi dell’Europa mentre ci invita a riflettere sull’essenza stessa dell’europeismo, su come essa si sia trasformata e su quali siano le sfide da affrontare per riscoprire una vera solidarietà tra i popoli del Continente basata su radici culturali comuni.
Emerge qui con tutta la sua potenza il ruolo della cultura, quella europea, intrinsecamente legata a valori di umanità, democrazia e diritti umani, che devono essere costantemente rivitalizzati. La sua riaffermazione in un contesto globale, caratterizzato da populismi e nazionalismi, è fondamentale.
L’Europa ha la responsabilità storica di rimanere un faro di questi valori e proprio la cultura può svolgere un ruolo chiave per riaffermarli e per guidare la società verso una rinnovata coesione.