Leone XIV è un pontefice molto contemporaneo che sembra una risposta all’anarcolibertarismo

Prevost e il modello sociale opposto alla deriva della Silicon Valley

Dopo il “Conclave social”, l’avvento sulla Cattedra di Pietro di Robert Francis Prevost inaugura una nuova era comunicativa. Con caratteristiche differenti da quelle del “Grande comunicatore” Francesco, ma lanciando segnali che delineano immediatamente, e in modo eloquente, i potenziali tratti del suo pontificato, nel corso del quale – osservano gli specialisti – dovrà cercare di tenere insieme la dimensione pastorale e curiale (e in particolare, nel secondo caso, fare riforme senza generare scossoni) ricucendo le anime divise della gerarchia cattolica. Secondo un “modello” che, verosimilmente, tenderà a declinare nel medesimo tempo un’ispirazione “politica” progressista e una dottrina morale tradizionalista. E quest’ultimo aspetto, oltre a corrispondere alle sue convinzioni teologiche (e all’orientamento in materia dell’ordine agostiniano da cui proviene), costituisce una delle ragioni per le quali sono andati a convergere su di lui i consensi di vari cardinali conservatori. 

 

Nondimeno, quella “intelligenza collettiva” che è la Chiesa cattolica – come la chiamerebbe Pierre Lévy, ammiratore del gesuita Pierre Teilhard de Chardin – ha fotografato con precisione, sulla scorta della sua vasta esperienza ultramillenaria (ovvero dell’azione dello Spirito Santo, direbbe un credente), il cambiamento dello spirito del tempo. “In transito” per gli Stati Uniti attanagliati da una devastante e spengleriana percezione del declino, dove affonda le sue radici la rielezione di Donald Trump, che ha giustappunto innescato un devastante twister a livello globale.

 

Arriva da qui la scelta di un figlio del “Secolo americano” sul viale del tramonto, un pontefice molto contemporaneo che sembra una risposta diretta a quel populsovranismo di ultradestra di cui l’ex tycoon è il campione per eccellenza. E che, sul piano valoriale, a dispetto della ricca lobby del fondamentalismo cristiano da cui viene supportato, rappresenta l’antitesi esemplare del cattolicesimo universalista e missionario nel quale si identifica Leone XIV. 

 

E, sempre a proposito di “indizi comunicativi”, la scelta del nome pontificale si rivela un richiamo a quel Leone XIII che promulgò l’enciclica “Rerum Novarum”, inaugurando la dottrina sociale della Chiesa in difesa degli operai, per “contenere” l’avanzata del socialismo, certamente, ma condannando così lo sfruttamento di un capitalismo spietato e selvaggio.

 

Assieme alla già insistita invocazione di una pace «disarmata e disarmante» (ma anche «giusta», come mostra l’immediato contatto con il presidente ucraino Zelensky), Prevost ha messo da subito al centro dei suoi discorsi il nodo della dignità umana, che fa affiorare una “nuova questione sociale”, che si intreccia in maniera marcata con la tematica dell’intelligenza artificiale.

 

Un papa della contemporaneità nell’accezione più autentica, reso inquieto dall’insofferenza per ogni limite e regola che la Silicon Valley in versione neoreazionaria sta esprimendo a più riprese, invocando una (pseudo)libertà di sperimentazione che si traduce nell’esaltazione dell’anarcolibertarismo più spinto e del transumanesimo senza la benché minima remora di tipo etico. È il laboratorio del “superuomo”, e Gesù non può essere ridotto a questo schema, ha appunto affermato nella sua prima omelia Leone XIV.

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