Quello che succede a Gaza è un’apocalisse, una catastrofe dell’umanità e della ragione. Netanyahu è colpevole di un moderno genocidio o soltanto di una pulizia etnica senza limiti?
I bombardamenti non hanno distrutto solo case, scuole, ospedali e ucciso migliaia di civili, ma hanno ammutolito le persone dell’Occidente, hanno provocato la perdita delle forme della politica e le “parole per dirlo” e il silenzio è inevitabilmente complice. Questo segno di impotenza nasce dalla convinzione che tutte le soluzioni immaginate negli anni, una per tutte – due popoli due Stati – sono divenute irreali e impraticabili. La crudeltà ha preso il sopravvento in quella terra contesa e l’accusa, che suona come ricatto, di antisemitismo se la si condanna, rappresenta il trionfo dell’ipocrisia e del fariseismo.
È bene demistificare e dire che la costruzione di Israele non ha a che fare con la Shoah, ma nasce ben prima; da un sogno di ricerca di un focolare per sfuggire a pogrom e persecuzioni verificatesi in Europa. Bisogna risalire agli anni della Prima guerra mondiale con l’occupazione inglese della Palestina nel 1917 e con il ruolo del segretario per gli affari esteri lord Balfour, favorevole alla creazione di uno Stato ebraico. Camillo Berneri, autorevole esponente anarchico, in un articolo pubblicato sulla rivista “Vogliamo!” nel novembre del 1929, chiariva la situazione della presenza sionista sulla base di elementi politici e di dati demografici.
L’analisi delle caratteristiche economiche, sociali e culturali dell’immigrazione ebraica esplosa tra il 1919 e il 1927, metteva in luce una contraddizione sulla possibile convivenza con gli arabi. Berneri sottolineava che il problema del sionismo andava risolto in Europa: «Basta il fatto che nel 1925 il 50,5 per cento degli immigrati ebrei in Palestina derivava dalla Polonia per dimostrare che l’idea della ricostruzione della nazione ebraica è cresciuta e si è sviluppata su un terreno di sofferenze, di timori, di inferiorità che degli ebrei ha fatto e fa tuttora in alcuni Paesi una razza reietta». E profeticamente aggiungeva: «I sionisti che pretendono di aprire la Palestina a un’illimitata corrente migratoria ebraica non possono che volere la diaspora araba». Il destino deciso dall’imperialismo inglese si è costruito da allora sull’odio e sul sangue.
C’è un’altra voce significativa da ricordare, quella di Nello Rosselli, trucidato con il fratello Carlo dai fascisti nel 1937. Il giovane storico partecipò al congresso giovanile ebraico a Livorno, intervenne il 2 novembre 1924 ed espresse il suo dissenso sulle tendenze che si affermavano, quella dell’ebraismo integrale e quella del sionismo. Soprattutto espresse il rifiuto del sionismo con una frase precisa: «L’idea della patria da riconquistare non fa vibrare l’animo mio. Aggiungerò di più: che ha sempre urtato in me quella che è una delle basi incrollabili del mio essere, la coscienza cioè di cittadino che ha la sua patria, che la ama, la critica, la sprona, la adora, che la ha dunque davvero, che la sente sua davvero, che non intende sentir discutere la sua più o meno legittima appartenenza a questa patria». Parole nette che si scontreranno con la concezione del nazismo e con le leggi razziste del fascismo del 1938.
L’appello di ebree ed ebrei italiani del 26 febbraio di quest’anno contro la violenza del governo e dei coloni israeliani emoziona per il no all’indifferenza e per l’indignazione senza paura.