In un quadro di criminalizzazione dei giovani, rispunta la grande idea leghista di abbassare l’età per arrestare e imputare

Bambini e ragazzi, ecco chi minaccia la nostra sicurezza

Uno dei momenti più belli di “It” di Stephen King è quando il gruppo dei perdenti (Bill, Richie, Beverly, Ben, Mike, Stan, Eddie) si ritrova nei Barren, un po’ campagna e un po’ discarica, a costruire una diga. L’esperimento riesce, finché il poliziotto di Derry, Mr. Nell, non arriva a spiegare che hanno combinato un guaio e che dunque devono smantellare il loro gioco. Se nell’universo di Stephen King fosse passata la senatrice della Lega, Giulia Bongiorno, i sette sarebbero stati arrestati in flagrante, visto che nel romanzo hanno compiuto 12 anni e questa, a quanto pare, è la grande idea leghista per fermare la criminalità. Vero, ci sono diversi Paesi nel mondo dove si può essere imputati anche a 10 anni e addirittura a 7, ma è anche vero che l’Onu sta chiedendo l’innalzamento a 14 un po’ ovunque e per puro buonsenso.

 

Con il buonsenso non si accontentano gli elettori della Lega, però: infatti la proposta è vecchia e viene ritirata fuori dall’armadio quando l’opinione pubblica è scossa dal femminicidio di Martina Carbonaro, il cui assassino aveva peraltro 18 anni. E poco conta, come è stato fatto notare all’avvocata Bongiorno, che numeri e rapporti dicano che sotto i 14 anni i reati gravi sono pochissimi. 

 

Conta invece e molto proseguire sulla scellerata scia del decreto Sicurezza, riassumibile in «buttate la chiave», che è uno dei commenti più frequenti dei giustizialisti social. 

 

Peraltro, tra i 14 nuovi reati e le svariate aggravanti del decreto c’è un occhio di riguardo anche per i bambini: in particolare, i figli delle madri arrestate che potranno finire in carcere (o in uno dei pochi istituti dedicati) con loro. Meglio se madri rom e meglio se arrestate in metropolitana, circostanza ritenuta aggravante dal decreto e dall’elettorato della Lega, dedito a filmare le borseggiatrici con i telefonini per poi chiedere che si butti la famosa chiave.

 

Chissà che mondo vedranno, una volta cresciuti, quei bambini. Perché nel decreto si inaspriscono le pene per chi protesta per impedire la realizzazione di «infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici». 

 

Bisogna andarlo a spiegare alle centinaia di comitati locali che in queste settimane si stanno opponendo con tutte le forze alla realizzazione di parchi eolici destinati a massacrare paesaggi ed ecosistemi a esclusivo vantaggio delle multinazionali che scorrazzano nel nostro Paese. Se poi quei bambini, divenuti ragazzi, faranno un sit-in, si prenderanno sei anni di prigione. E gli toccherà pure venire chiamati punkabbestia, come ha fatto il deputato forzista, Tommaso Calderone, riferendosi a quelli che «gli bloccano i treni» per protestare: in realtà il fenomeno è degli anni Novanta, ma forse l’onorevole usa la parola come sinonimo di «centro sociale», ovvero il male, ovvero buttate la chiave anche là.

 

Per questo, la cosa preziosa di oggi è “Beautyland” di Marie-Helene Bertino, che esce per Bollati Boringhieri con la traduzione di Manuela Faimali. È un elogio dell’infanzia nel momento in cui bambini e ragazzi vengono demonizzati e temuti: qui la bambina si chiama Adina, nasce nel giorno in cui la Voyager I viene lanciata nello Spazio, con il disco d’oro pensato da Carl Sagan e riempito dei suoni e della bellezza del mondo, e forse la bambina stessa è la risposta di quegli alieni di cui si va in cerca. Che dalla lontananza delle galassie pensano agli altri con speranza e amore e non con rabbia, paura, vendetta.

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