Venezia non è vendita, Venezia non è in affitto» si legge su dei manifesti appesi tra le calli. Lo scorso 13 giugno, oltre duecento persone hanno partecipato all’assemblea organizzata da associazioni e collettivi riuniti nel nuovo comitato “No Space for Bezos”. Il giorno prima alcuni erano saliti sul campanile della basilica di San Giorgio e avevano srotolato uno striscione con il nome di Bezos barrato da una X rossa. Infatti, l’isoletta di San Giorgio è stata interamente affittata per i festeggiamenti per il matrimonio del miliardario proprietario di Amazon, previsti tra il 24 e il 26 giugno e non annunciati con precisione per ragioni di sicurezza.
A seguito delle prime proteste, la celebrazione del matrimonio è stata rimandata di qualche giorno, ma il Comitato non ha intenzione di fermarsi. Ha invece promesso una manifestazione per il 28 giugno che bloccherà i canali che portano alla Scuola Grande della Misericordia, uno dei luoghi dei festeggiamenti. Le proteste si inseriscono in un movimento europeo contro il turismo sfrenato che è culminato nella manifestazione dello scorso 15 giugno e di cui anche Venezia è stata protagonista.
«Abbiamo due motivazioni. Primo, la città non accetta l’arroganza con cui Bezos, quasi come un antico sovrano, cala su Venezia, prendendola in ostaggio per non si sa quanti giorni. La città è stufa di un’amministrazione che non si occupa dei residenti, delle politiche abitative, della qualità del lavoro e che riduce il patrimonio artistico a “location”. Secondo, si protesta perché Bezos non é una celebrity qualunque: è uno dei maggiori sostenitori di Trump e delle sue politiche; ha un peso politico-economico enorme: dallo sfruttamento dei lavoratori alla deportazione dei migranti, dall’appoggio del genocidio a Gaza all’aggravarsi della crisi climatica» ha detto un attivista dello spazio culturale autogestito Sale Docks, a Dorsoduro.
La chiamata contro il matrimonio di Bezos è stata amplificata anche dal nodo veneziano del movimento climatico globale Extinction Rebellion (Xr): «Abbiamo aderito perché è una chiamata alla vita: siamo in un’emergenza climatica senza precedenti e questa è causata in gran parte dall'1 per cento delle persone più ricche del Pianeta, mentre il 99 per cento ne paga le conseguenze più care». Il Comitato fa pressione sull’amministrazione del sindaco Brugnaro, ritenuto responsabile di aver accelerato la mercificazione di Venezia: «La città in cui viviamo è simbolo di fragilità: i mari continuano ad alzarsi, la terra sprofonda sempre di più e questo secolo potrebbe essere l'ultimo per viverci» ha affermato un’attivista.
Le proteste contro quello che “No Space for Bezos” ha definito un “tecno-feudatario” non hanno intenzione di fermarsi. «Come nella storia di Robin Hood, noi vogliamo essere Sherwood di fronte ai molti Principi Giovanni, vogliamo essere non solo resistenza, ma creare insieme una nuova esistenza. Noi, il 99 per cento, possiamo fermare insieme i super-ricchi e ridare dignità e bellezza al Pianeta e a tutti i popoli che lo abitano» ha detto Gianluca di Xr Venezia. La cinematografica affermazione “io mi oppongo” nel mezzo di una cerimonia, prende qui un significato diverso: il Comitato “No Space For Bezos” si oppone alla svendita della città forse con il sentimento d’amore più collettivo che c’è: la solidarietà attiva per una città a misura di tuttə.